Solinas, la vittoria su Peru e gli scontri: ecco perché mancano sette assessori

Accordo entro martedì o decido io“. Christian Solinas ha usato il garbo per dirlo, quando è ora di pranzo. Il presidente parla nella sala Giunta del Consiglio regionale, al terzo piano del palazzo, prima di tornare a casa perché ha la febbre. Il tono pacato nasconde però una dichiarazione di guerra. Del resto gli alleati lo hanno costretto oggi a un epilogo inatteso: in Aula esordisce giusto un ‘Esecutivo mini’, da sei, compreso il governatore che tiene per sé sette deleghe (su dodici). Solo dopo Solinas spiegherà ai giornalisti: “Se dagli alleati mi fossi fatto tirare per la giacchetta, sarei arrivato in Consiglio con tutti i dodici assessori nominati”. Ma ormai la frittata è fatta: i Riformatori hanno gridato ai quattro venti di essere rimasti fuori dall’Esecutivo. Oggi non hanno preso deleghe nemmeno Sardegna 20venti, Udc e Sardegna civica (in condominio con Fortza Paris).

Col passare delle ore, quando gli stessi alleati di centrodestra capiscono che l’onda d’urto della ribellione ha fatto meno danni del previsto, nei partiti cominciano a sbottonarsi. E a raccontare i retroscena. Anche perché col secondo giro di trattative, da qui a martedì, tutti entreranno in Giunta. Quanto basta per far comporre, pezzo dopo pezzo, il mosaico della discordia. E spiattellare le questioni interne da risolvere.

È lo stesso Solinas che dà una mano in questo senso, guardandosi bene dall’aprire ufficialmente un casus belli. Ma quando davanti a penne e taccuini il presidente dice che non è andata male perché con “Forza Italia e Fratelli d’Italia l’accordo è chiuso”, una cosa diventa chiarissima: i berlusconiani, ottenuti due assessorati – Alessandra Zedda al Lavoro e Giuseppe Fasolino alla Programmazione -, non possono chiedere altro. Quindi Antonello Peru non ha più speranze di diventare presidente del Consiglio. Un nome, il suo, che nella coalizione non è gradito per via della situazione giudiziaria: è a processo per abusi edilizi e ha un avviso di garanzia per associazione a delinquere. Peru infatti ha incassato appena sedici voti alla terza chiama, quando gli sarebbero bastate trentuno preferenze anziché quaranta per centrare l’elezione.

Peru fuori dai giochi è una vittoria di Solinas, nessun dubbio. Forse per il governatore l’unico vero motivo di soddisfazione in questa giornata difficile. Anche perché senza l’azzurro in campo si spiana la strada per Michele Cossa, quota Riformatori, l’uomo giusto per Solinas. Cossa potrebbe strappare qualche voto pure nel centrosinistra, compensando a quel punto i mal di pancia nel centrodestra.

Manca comunque un passaggio per arrivare a Cossa presidente: Solinas deve convincere l’alleato Matteo Salvini a non rivendicare la presidenza dell’Aula. Il Carroccio la chiede sostenendo che valgono due partite diverse la ripartizione dei posti in Giunta e quella in Consiglio. I leghisti, in buona sostanza, sostengono che entrambe le volte tocchi a loro la prima scelta perché alle urne hanno preso più voti di tutti. Nel resto del centrodestra, invece, si ritiene che la casella spetti ai Riformatori perché nell’Esecutivo avranno una sola delega e non le due ipotizzate inizialmente. A proposito: la più probabile è quella dei Lavori pubblici.

Quanto alla Lega, che ha già scelto la Sanità assegnandola al medico Mario Nieddu, si prospettano l’Agricoltura e gli Affari generali (abbinati alle Riforme). Per la prima delle due caselle si fa il nome di Daria Maria Inzaina, allevatrice, gallurese di Calangianus. Nella trattativa con la Lega, Solinas ha provato a portarsi avanti coi compiti riferendo di aver incontrato oggi, dopo la seduta del Consiglio, il commissario Eugenio Zoffili. “Gli ho spiegato – ha riferito il governatore – come funzionano le cose nella nostra Isola”.

Un altro nodo è la maretta che agita Sardegna 20venti: ieri ha dato forfait Ignazio Locci, il sindaco di Sant’Antioco, uomo di Stefano Tunis, il consigliere uscente e riconfermato, ex di Forza Italia, fondatore della lista. Oggi si è capito perché Locci, considerato un papabile dell’Esecutivo, ha fatto un passo indietro: Tunis, pur essendo il ‘padrone’ di Sardegna 20venti, è in minoranza. Hanno infatti unito le forze gli altri due eletti, Domenico Gallus e Pietro Moro. I quali oggi non si sono seduti accanto a Tunis in Aula, giusto per rendere l’idea di quanta distanza ci sia nel gruppo. Tunis vorrebbe l’assessorato all’Industria; Gallus e Moro quello alla Pubblica istruzione e alla Cultura.

La scuola, però, piace anche all’Udc di Giorgio Oppi. E questo è un altro problema da risolvere. C’è poi la questione della delega ai Trasporti: Solinas vorrebbe che finisse in quota Psd’Az. Ma a quel punto i Quattro Mori devono cedere l’Urbanistica. A meno che non succeda la cosa meno probabile: ovvero la rinuncia di Gianni Chessa al Turismo e alle Attività produttive. A complicare la questione il fatto che i sardisti hanno l’obbligo di indicare una donna.

Quando tutti avranno deciso, l’ultima casella libera andrà a Sardegna civica e Fortza Paris. Ma non si fanno nomi di papabili nemmeno in questo caso. Domani sarà una giornata di riflessione. Nel centrodestra le trattative riprendono sabato. Almeno quelle ufficiali.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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