Carcere di Uta. 2/2 VIDEO Paolo Pietro Campus. Fine pena: 2021

Cagliaritano, 51 anni, di recente ha ricevuto un encomio per il suo lavoro nel centro clinico. Dei suoi figli dice: “Sono la mia libertà”.

Paolo Campus (nella foto-ritratto di Roberto Pili) ha 51 anni. Nel carcere di Uta, l’ultimo encomio assegnato dalla direzione lo ha ricevuto lui per “il particolare impegno, l’umiltà, pazienza e la devozione dimostrati nello svolgimento del lavoro“. Presta servizio nel centro clinico del penitenziario. Campus è uno dei quattro detenuti scelti per l’intervista collettiva autorizzata a Sardinia Post dal ministero della Giustizia (qui tutti i link di questa seconda puntata dell’inchiesta, qui invece la prima).

Infermiere?

(Sorride) Mi hanno assunto come scopino.

Poi la scalata?

Mi dedico alle persone bisognose. Purtroppo qui arrivano anche disabili e anziani. O ci sono autolesionisti. E io riesco, e forse è un dono, a interagire con loro, a farli calmare parecchio. Brucio così la mia detenzione. Aiuto i malati, li aiuto a muoversi. A volte faccio da psicologo.

Il tuo titolo di studio?

La terza media e il diploma da dattilografo.

Da quanto tempo sei in carcere?

Da sette anni.

Fine pena?

Febbraio 2021.

Prima hai detto che al carcere non ci si abitua mai.

Al carcere non ci si può abituare mai.

È vero che il clima è a tratti violento?

La privazione della libertà ci porta ad accumulare amaro, nervosismo. Le cose sono amplificate. Molte volte anche per una frase male intesa, si può avere un diverbio. Ma succede pure fuori.

Tu, in questi anni, come sei riuscito a mantenere il controllo?

Non lo so. La famiglia. Ho la famiglia fuori: una moglie e due figli. Li ho lasciati piccoli, ora sono grandi.

Vengono a trovarti?

Sì, certo che vengono. Io spero che finisca presto qua. Riesco a mantenere il controllo per quello: sono loro la mia libertà.

Tu sei stato anche a Buoncammino, un penitenziario vecchissimo dove none esistevano spazi comuni, ma si restava chiusi tutto il giorno. Almeno una virtù l’aveva?

Vedevo la mia casa, vicino al Carrefour, e mi sentivo libero. Da lì vedevo tutta la laguna di Molentargius.

Che vista da qui?

Nessuna, io sto al piano terra. Ma, comunque, mi ritengo fortunato rispetto a molti compagni di sventura che ancora oggi sono negli altri piani, chiusi in sezione, seppure ci siano spazi comuni. Io, invece, lavoro e mi posso muovere.

Tra detenuti vi fate forza a vicenda?

Tanta. Ci raccontiamo le nostrre sofferenze.

Una frase che un qualche amico ti ha detto in carcere e non hai dimenticato?

Un mio compagno disse che un uomo infelice può diventare felice quando incontra una persona più infelice di lui.

L’articolo 27 della Costituzione stabilisce che le pene non posso consistere in trattamenti contrari al senso di umanità. È rispettato?

L’Italia è contro la pena di morte. Ma poi i detenuti vengono sepolti vivi.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

Diventa anche tu sostenitore di SardiniaPost.it

Care lettrici e cari lettori,
Sardinia Post è sempre stato un giornale gratuito. E lo sarà anche in futuro. Non smetteremo di raccontare quello che gli altri non dicono e non scrivono. E lo faremo sempre sette giorni su sette, nella maniera più accurata possibile. Oggi più che mai il vostro supporto è prezioso per garantire un giornalismo di qualità, di inchiesta e di denuncia. Un giornalismo libero da censure.

Per ricevere gli aggiornamenti di Sardiniapost nella tua casella di posta inserisci la tua e-mail nel box qui sotto:

Related Posts
Total
0
Share