Rete ospedaliera, strappi (in parte) ricuciti: ecco gli accordi trovati

La maggioranza di centrosinistra si ricompatta. Almeno in parte. La tregua – e non la pace visto che alcuni dei punti spinosi sono stati congelati – è contenuta nell’emendamento 16/XV/a del capitolo sei, attraverso il quale viene definita l’articolazione della rete ospedaliera per singola struttura sanitaria e per territori (le cosiddette aree omogenee). Sulla base di questa classificazione saranno assegnati reparti e specialità mediche. Il voto (al netto dei punti lasciati in sospeso) è previsto nella seduta di domani mattina.

Rispetto ai principali nodi che da mesi e mesi dividono il centrosinistra (l’accordo di agosto era saltato a settembre), le soluzioni finora concordate sono scritte nella tabella 6.2 della legge. Vale una serie di concessioni, a cominciare dalla promozione del civile di Alghero che dal 2018, con il potenziamento della Rianimazione, diventerà Dea di primo livello (è il terzo gradino dopo gli hub e i Dea di secondo livello). Attualmente la struttura di Alghero è nodo della rete ospedaliera. I sei mesi di monitoraggio, su cui la maggioranza stava litigando, saranno successivi all’istituzione del Dea e non più precedenti. L’ospedale Marino verrà invece convertito in stabilimento riabilitativo.

Anche il Segni di Ozieri verrà promosso da stabilimento di base “semplice” a “rinforzato”. E sarà Dea per l’attività programmata. Il Comune al confine tra il Sassarese e la Gallura avrà anche l’ospedale di comunità, così come succederà a Ittiri e Thiesi.

Promozione anche per il Paolo Dettori di Tempio da nodo della rete ospedaliera a struttura di completamento Dea di primo livello. Confermato l’ospedale di comunità che sarà aperto pure a La Maddalena, dove il Paolo Merlo sarà invece una struttura di zona disagiata (come succederà a Bosa, Isili, Muravera e Sorgono con il mantenimento della Chirurgia da venti posti letto). A La Maddalena non è stato ancora deciso il destino del punto nascita che non ha i requisiti per restare aperto, visti i 167 parti all’anno contro i 500 richiesti dal decreto ministeriale 70 perché l’ostetricia venga considerata un reparto sicuro. C’è da registrare però un’apertura: l’assessore alla Sanità, Luigi Arru, si è impegnato a chiedere sul punto una deroga al ministero della Salute”.

Su Olbia nessuna novità: il Giovanni Paolo II resta Dea di primo livello, come nel testo originario del ddl della Giunta votato a luglio 2015. Le specialità che mancano nell’ospedale pubblico saranno attivate nel Mater, la struttura sanitaria del Qatar che lavorerà in regime di convenzione con il Servizio sanitario regionale.

Una promozione, a Dea di primo livello rinforzato con la Brest Unit (centro multidisciplinare di senologia), è prevista per il San Francesco di Nuoro. Ancora in discussione invece la possibilità di attivare una Stroke unit (centro urgenza ictus) e un reparto di Medicina nucleare. Il Zonchello sarà destinato a struttura riabilitativa e ospedale di comunità.

La maggioranza ha deciso di rinviare anche la questione del Nostra Signora della Mercede, a Lanusei, per il quale il territorio chiedeva la promozione a Dea di primo livello per tutte le specialità mediche. A guidare la battaglia, il consigliere regionale del Pd, Franco Sabatini, che durante la seduta ha detto: “Sono a disagio nel constatare come molti colleghi percepiscano questo mio emendamento come un atto di arroganza. Posso dire però che troppo spesso la Regione si è dimenticata dei territori marginali della Sardegna. Non stiamo chiedendo nulla di più di quanto previsto né con maggiori costo”. Nella tabella dell’accordo, Lanusei è classificato come nodo della rete ospedaliera con funzioni Dea di primo livello. Si tratterà di capire per quali specialità: l’orientamento del centrosinistra è concederlo per le emergenze/urgenze, contestualmente all’attivazione dell’Areus, l’azienda sanitaria del 118. A Sabatini ha poi risposto Arru: “Capisco il disagio, ma il mio impegno per i territori è forte. Si tratta di trovare un equilibrio con le competenze. Il che significa garantire assistenza secondo i parametri sicuri previsti dal famigerato decreto ministeriale 70”.

Ancora da definire la questione di Cagliari sul Marino e il San Giovanni di Dio, per i quali è salito sull’Aventino il consigliere regionale del Campo progressista, Francesco Agus, che in Aula sta sostenendo la linea del sindaco Massimo Zedda. La classificazione dei due ospedali è stata lasciata in bianco.

Sempre su Cagliari il Santissima Trinità diventerà Dea di primo livello, il Binaghi sarà centro di riferimento per la sclerosi multipla e manterrà il Centro Donna. L’Azienda Brotzu, che accorpa anche Microcitemico e oncologico Businco, sarà il presidio unico ospedaliero. Cioè polo di specializzazione. Tecnicamente un hub.

Un hub è previsto anche a Sassari tra il Santissima Annunziata e le cliniche universitarie. Singolarmante l’uno è Dea di secondo livello, mentre le seconde formano l’Azienda ospedaliero-universitaria (Aou).

Chiarita in maggioranza pure la classificazione del Delogu di Ghilarza: diventerà un Cet (centro di emergenza territoriale) con funzioni riabilitative. Confermato l’ospedale di comunità. Il San Martino di Oristano, come anche nel ddl della Giunta, verrà classificato come Dea di primo livello.

Nel Sulcis, il pressing trasversale tra maggioranza e opposizione – cioè l’assessore tra il capogruppo Pd Pietro Cocco e il lader Udc Giorgio Oppi – ha funzionato: il Sirai di Carbonia diventa Dea per le emergenze/urgenze, mentre il Cto di Iglesias sarà ugualmente Dea per le attività programmate e avrà anche il polo materno infantile. Il Santa Barbara, sempre a Iglesias, sarà Casa della salute e ospedale di comunità.

Nel Medio Campidano, il Nostra Signora di Bonaria a San Gavino sarà Dea di primo livellom, mentre il Maria Assunta di Guspini avrà funzioni riabilitative e di hospice (ricovero malati terminali e cure palliative).

Gigi Ruggeri, il relatore di maggioranza della riforma, dice: “È un lavoro molto equilibrato che non taglia da nessuna parte e anzi potenzia l’offerta di salute. Gli ospedali periferici sono salvaguardati, c’è la capacità di dare risposte nell’urgenza, c’è una rete che risponde ai bisogni emergenti dei malati cornici e la qualità dell’offerta sanitaria assicura maggiore specializzazione nell’assistenza dei pazienti acuti. Con questo riordino non sprechiamo i soldi dei sardi per moltiplicare primariati e specialità inutili. L’obiettivo è mettere la nostra sanità al passo delle migliori esperienze d’Italia, non condannarla alla retroguardia per miopie territoriali e egoismi ed interessi particolari”.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

LEGGI ANCHE: Rete ospedaliera, più posti letto alla sanità privata: caos in maggioranza

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