Doppia preferenza e scrutinio segreto: da Diana a Orrù la storia è cambiata

Il Consiglio ha cancellato l’onta del 2013“. È questa frase che più si è ripetuta fuori e dentro l’Aula quando alle 18,47 di ieri – 21 novembre – la massima assemblea sarda ha approvato la legge sulla doppia preferenza di genere. E oltre alla possibilità per i cittadini di votare insieme un uomo e una donna all’interno di una stessa lista, dalle prossime Regionali isolano i partiti saranno obbligati a candidature paritarie, con una rappresentanza salomonica del 50 per cento per ciascuno dei due generi. Eppure per tre volte si è temuto che la cosiddetta norma-stralcio venisse affossata col voto segreto, come successo nell’estate di quattro anni fa (leggi qui): allora i contrari furono quarantacinque a fronte di ventuno favorevoli.

Ieri erano passate da poco le 16 quando, a inizio seduta, Marcello Orrù, capogruppo del Sardegna, ha chiesto per la prima volta di non votare con scrutinio palese. È stato un passeggio decisivo e peraltro in linea con le aspettative della vigilia dopo che, venerdì scorso, tre donne del Coordinamento3 avevano lanciato su Facebook un pensante j’accuse contro il Sardegna, costituito quello stesso giorno e bollato come il “gruppo del voto segreto”. Orrù lo ha sollecitato sul passaggio agli articoli che, tecnicamente, è un pronunciamento obbligatorio attraverso il quale un’assemblea decide (o meno) il proseguo dell’esame di una legge. Questo dopo la discussione generale che, nel caso della doppia preferenza, è avvenuta il 14 novembre (scattò poi la sospensione per il mancato accordo sule liste paritarie). Qualora avesse vinto il ‘no’, i lavori dell’Aula sarebbero finiti lì, senza più possibilità di appello.

Invece alla conta finale ha prevalso il ‘sì’: il passaggio agli articoli ha incassato il parere favorevole di trentaquattro consiglieri, a fronte di diciassette contrari (qui la cronaca). È stata quella la prima certezza sul fatto che in Aula ci fosse davvero una maggioranza netta a sostegno della doppia preferenza, dopo i dubbi dei giorni scorsi quando le liste paritarie sembravano aver diviso, a tratti in maniera irreparabile, l’unità dell’assemblea.

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È in quel preciso momento che alla norma stralcio assicurata la sopravvivenza, consegnando alla storia, stavolta con esito opposto, la richiesta di Orrù che, a distanza di quattro anni, ha replicato la mossa dell’allora capogruppo di ‘Sardegna è già domani’, Mario Diana, uno dei grandi accusati nell’inchiesta sui fondi ai gruppi del Consiglio regionale. La differenza tra lo scrutinio segreto di ieri e quello dell’agosto 2013, è che Diana lo chiese sul voto finale, con una mossa che spiazzò tutti perché poco praticata.

Di certo, l’epilogo del 2013 ha talmente segnato l’opinione pubblica, che ieri le tribune del palazzo erano gremite di donne. E probabilmente quella grande folla che giocato un ruolo decisivo nell’orientare il voto dell’Aula. In Sardegna i primi collettivi a sostegno della maggiore rappresentanza femminile in politica sono nati nel 2003, come ricordato la dem Rossella Pinna.

Una cartina di tornasole su quanto la partecipazione alla seduta di ieri abbia contato, è data anche dagli applausi che hanno accompagnato le dichiarazioni di voto di alcuni consiglieri, sino al lungo e liberatorio battimani alla fine dei lavori, quando il presidente Gianfranco Ganau ha proclamato l’esito della votazione. È difficile non immaginare una protesta in diretta, se l’Aula avesse scelto di bocciare ancora una volta la doppia preferenza.

Sulle tante presenze nelle tribune, si è soffermato pure il presidente della commissione Riforme, Francesco Agus (Campo progressista), durante la conferenza stampa congiunta organizzata dopo l’approvazione da maggioranza e opposizione. Agus ha parlato di “bisogno di partecipazione”, ma anche di “speranza” per i partiti tradizionali, quando “affronta temi di reale interesse generale”.

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Sul piano strettamente politico, c’è da segnalare il ruolo di Francesco Pigliaru, a cui il centrosinistra ha riconosciuto un ruolo di guida nella ‘gestione’ dei posizionamenti sulla doppia preferenza. Ieri è stato il governatore a volere un vertice di coalizione prima della seduta. E lunedì, alla vigilia dell’appuntamento in Consiglio, aveva scritto un post su Facebook (“L’unico voto giusto è quello favorevole”). In Aula è intervenuto due volte di un “passato che ha negato diritti alle donne” e della “necessità di invertire la rotta”.

Sul fronte dell’opposizione, solo i Riformatori – che già dal 2013 sostenevano apertamente la doppia preferenza – non si sono spaccati. Tutti gli altri partiti della minoranza hanno dovuto fare i conti con assenze o fughe in avanti, come nel caso, e oltre a Orrù lo compongono Paolo Truzzu (Fdi), Gennaro Fuoco (ex Uds) e l’azzurro Mariano Contu. A proposito di Forza Italia, è stata netta, da subito, la posizione assunta dal capogruppo Pietro Pittalis costretto a più di un’acrobazia interna per far mantenere la linea al suo partito.

Da segnalare, infine, il voto del presidente Ganau che dopo le polemiche sulla sede della Asl unica a Sassari (la sua città) e per la quale si era espresso a favore, aveva deciso di non votare i provvedimenti, in quanto garante dell’imparzialità dell’Assemblea. Ma ieri, vista l’importanza della legge, anche il capo dell’Assemblea isolana ha giocato a carte scoperte sostenendo la norma stralcio. Lo stesso Ganau, per fare sintesi sulle tante proposte di modifica della legge elettorale presentate in questa legislatura, lo scorso febbraio aveva illustrato alla stampa un testo di sintesi in cui era prevista la doppia preferenza rafforzata, con l’alternanza di candidature maschili e femminili.

Adesso ci sono sono le liste paritarie ad accompagnare l’opzione del voto uomo/donna. Ma sulla materia elettorale il lavoro del Consiglio non finisce qui. Sull’onda dell’approvazione di ieri, l’Aula ha assunto l’impegno di correggere anche le altre storture della norma regionale. Su tutte le soglie di sbarramento che nel 2014 hanno lasciato fuori dall’assemblea Michela Murgia che pure, come candidata presidente, aveva raccolto il 10,30 per cento (75.981 preferenze). Non ha ottenuto un seggio perché la coalizione rimase sotto il tetto minimo del 10 per cento.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

 

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