Assemblea pastori: trattative avanti. “Non molliamo, l’obiettivo è un euro”

Avanti con le trattative e con la battaglia per far salire ancora il prezzo del latte e per mettere mano a un sistema confuso e squilibrato a sfavore dei pastori, come è quello lattiero caseario oggi. È l’esito dell’assemblea, durata oltre tre ore a porte chiuse, che si è tenuta questa mattina a Tramatza, convocata dai pastori sardi che si sono auto organizzati nelle proteste ormai da oltre un mese. Un’assemblea che serviva per rispondere ai dubbi interni che erano venuti fuori all’indomani della firma del verbale dell’8 marzo, emersi in gran parte sui social che ormai sono i canali preferiti dai pastori per lo scambio di informazioni.

LEGGI ANCHE: Prezzo latte, trovato accordo a Sassari: 74 centesimi e conguaglio a novembre

I tre delegati dei pastori, Gianuario Falchi, Nenneddu Sanna e Andrea Mulas, hanno chiesto e ottenuto dagli allevatori presenti, i più scettici inizialmente, una sorta di rinnovo del mandato per poter proseguire la trattativa sul prezzo del latte, e rappresentare i produttori della materia prima ai tavoli istituzionali. A partire dal primo tavolo di filiera che si terrà a Sassari tra due giorni, venerdì 15.

Sul tavolo dell’assemblea di oggi c’era il verbale di venerdì scorso sui 74 centesimi di acconto per il prezzo del latte conferito dai pastori, che sarà seguito dai conguagli di novembre: un’intesa che ha trovato diverse resistenze nel mondo delle campagne. “È un accordo di partenza“, ha spiegato Gianuario Falchi, “come avevamo già stabilito, oltre non si poteva andare sull’acconto. Ma l’obiettivo finale è arrivare a fine stagione al conguaglio e a una valutazione di un euro per ogni litro di latte conferito“. “Dovevamo chiarire i dettagli dell’accordo raggiunto a Sassari sui 74 centesimi al litro come base di partenza – spiega Nenneddu Sanna, l’altro portavoce -, ma abbiamo spiegato che non è una questione di soli numeri, perché il meccanismo sul prezzo è più articolato. Sempre consapevoli che c’è ancora molta strada da fare”.

Intanto se le quotazioni del Pecorino romano continuano a salire come è successo nei passati quindici giorni la possibilità di arrivare a superare l’euro è concreta. A spiegarlo è lo stesso Falchi: “In due settimane siamo arrivati quasi a sei euro per un chilo di Romano, un aumento così non si vedeva da parecchio”.

Secondo le quotazioni di Clal, l’osservatorio che si basa sui prezzi delle diverse piazze di vendita, il Pecorino romano vale quasi sei punti percentuali in più sulla piazza di Milano: il prezzo  che a gennaio andava da un minimo di 5,40 euro a 5,65 di massimo, nella rilevazione di lunedì 4 marzo è salito oscillando tra i 5,60 e i 5,85 euro, mentre nell’ultima rilevazione di due giorni fa ha acquistato altri punti percentuali, attestandosi tra i 5,75 e i sei euro il chilo. Stesso andamento se si analizzano i dati Ismea, l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare).

Il Pecorino romano resta, dunque al centro della questione latte, ed è per questo che venerdì al primo incontro del tavolo di filiera si siederà per la prima volta anche il Consorzio di tutela del Pecorino romano, con sede a Macomer, che regola tutto il comparto di questo prodotto da tempo al top delle vendite e soprattutto delle esportazioni oltre Oceano. Sul Consorzio i pastori non usano mezzi termini e già da tempo hanno chiarito la linea: azzerare tutto e rifare. “Il messaggio che porteremo nell’incontro con il Consorzio di tutela è che noi chiediamo un cambiamento – sottolinea Nenneddu Sanna – e che per raggiungere questo risultato tutti dovranno partecipare a questa svolta”.

La svolta di fatto è la cancellazione dei vertici – il presidente del Consorzio, Salvatore Palitta, aveva rassegnato le sue dimissioni a pochi giorni dalla scadenza del suo mandato, ma è stato riconfermato fino al cambio successivo proprio per gestire questa partita. “Deve essere  rifatto tutto, sono 40 anni che si va anti così – precisa Falchi -, vanno cambiate le regole e serve un manager che lo diriga che sia fuori dalle parti e che non abbia le mani sul latte”.

Anche Copagri, che ha partecipato alla riunione dell’8 marzo esprimendo le proprie perplessità ha chiesto la modifica di alcune delle regole che  riguardano il Consorzio, in particolare sulla questione delle quote di produzione del latte stabilite dal Consorzio di tutela con il piano di autoregolamentazione: “Servono nuovi strumenti che consentano di farle rispettare”, sottolinea il presidente Ignazio Cirronis. “I Consorzi di tutela non possono vietare lo sforamento delle quote ma solo stabilire l’ammontare delle contribuzioni aggiuntive, utili a scoraggiare, ma solo in parte, la sovrapproduzione”.

Copagri è critica poi anche sull’ancoraggio della griglia dei prezzi del latte (a conguaglio) al solo prezzo del Pecorino romano e non alle altre Dop sarde (Pecorino sardo e Fiore sardo). “Il Pecorino Romano occupa uno spazio di mercato del 60/65 per cento, le altre due Dop meno del 5 e i restanti pecorini, tra cui troviamo molli, caciotte , molto semicotto non DOP, quasi il 35 per cento – sostiene Copagri -: con il Romano a 6 euro, il prezzo medio dei pecorini, è oltre i 6,50 che riportato sul prezzo del latte significa 10-15 centesimi a litro in più”, precisa Cirronis. calcoli si sono escluse le altre tipologie di formaggio diverse dal romano e sono stati usati parametri che non corrispondono alla realtà commerciale.”

Per quanto riguarda la manifestazione di domani a Macomer, organizzata dai caseifici e dalle cooperative in segno di solidarietà dopo gli assalti alle cisterne, i pastori hanno anche optato per la partecipazione libera: “Ciascun allevatore può decidere di andare o non andare”, dicono Falchi e Sanna, quest’ultimo ieri aveva già annunciato di non voler partecipare.

Marzia Piga

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