Giorgio Melis: la storia di uno scoop vero

Uno scoop fragoroso. Tutti i nomi, i numeri e i meccanismi di erogazione delle pensioni d’oro dei consiglieri regionali ed ex. Tutto ignoto, sconosciuto, neanche sospettato dal grande pubblico. Una bomba, seguita da polemiche asperrime. Occhio, non parliamo delle tabelle diffuse nei giorni scorsi dalla presidenza del Consiglio regionale, pubblicate on line e quindi sui due quotidiani sardi.

E’ stata una comunicazione ufficiale a 360 gradi, legittimamente richiesta da L’Unione Sarda e tardivamente trasmessa dopo una settimana di melina giornalisticamente e politicamente poco esaltante. Anche maldestra, perché il quotidiano ha dovuto incassare nel frattempo da Sardinia Post il grande “buco” sulla conferma della pensione-baby a Claudia Lombardo.

Alla fine dei conti, la pubblicazione delle tabelle resta un’operazione importante ma nessuno la spacci come un Watergate nuragico. Appunto perché lo scoop è un’altra cosa, logora chi non lo fa e anzi lo subisce. Pubblicare notizie o inchieste in esclusiva: conta la prima volta, le successive sono sequels come le serie televisive. Ugualmente senza esaltarne troppo o esagerarne la portata. Però è inelegante ignorare (o fingere) quelli altrui, magari patiti con bruciante sofferenza professionale in passato e anche di recente. Come quando non si citano altri strumenti di informazione dopo averne raccattato e usato impunemente le notizie.

Al dunque. Tutto quello che c’era da sapere e da dire su appannaggi,vitalizi e dintorni dei nostri onorevoli risale non ai giorni scorsi ma ad uno scoop di quasi 15 anni fa. Proposto in grande spolvero – non senza qualche resistenza – da La Nuova Sardegna in quattro pagine più ampio “strilllo” in prima. Con diffusione straordinaria e migliaia di fotocopie a giornale esaurito in edicola. Più lunghe e roventi polemiche nei giorni successivi al 1° ottobre 1999, data della pubblicazione: avvenuta con inevitabile costernazione del giornale concorrente. Soprattutto perché era la prima volta che si documentava integralmente la componente economica della funzione politica dei nostri onorevoli. Perché mai era stata fatta “un’operazione di trasparenza” così intrigante e clamorosa su una classe politica ancora autorevole e al caso aggressiva.

Non c’erano norme sulla trasparenza. Né diritto di ottenere dati e documenti sensibili custoditi da politici mastini. La privacy era ancora di là da venire. Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo avrebbero pubblicato “La casta” otto anni dopo. Ma senza garanti e querule proteste, con paziente determinazione e sufficiente affidabilità presso varie “fonti”, si poteva talora riuscire a fare informazione pesante. Anche da parte di chi scrive. E come dimostra ancora oggi Report della straordinaria Milena Gabanelli. Così accadde nel 1999 per i documenti top secret del onorevoli regionali ed ex. Scrivendo e pubblicando tutto non senza rischi, pesanti proteste e accuse, anche da politici assolutamente prestigiosi. Spalancando una volta per tutte le porte del sancta sanctorum consiliare non ancora travolto da fellonia totalizzante.

Quel dossier è stato dimenticato o ignorato? Possibile, meno probabile. Anche la memoria può essere corta a comando: ma professionalmente è pure colpa non lieve. Perché di “buchi” in materia – come vedremo in altra occasione – gli odierni e freschi sbendati dell’informazione cagliaritana ne avrebbero preso altri e brucianti negli anni a seguire. Perché con quella documentazione si poteva calcolare al centesimo l’evoluzione di indennità e vitalizi, aggiornati in euro dalle lire di 15 anni fa: senza dover piatire documenti “trasparenti”.

Soprattutto perché il 1999 fu l’anno cruciale in cui la politica isolana si avvitò in un degrado inarrestabile e vertiginoso. E il Consiglio conobbe un’impennata pazzesca dei costi da circa 60 a 101 milioni di euro nel 2003 sotto la presidenza di Efisio Serrenti. Parliamo della legislatura nota come la “legislatura comprata” dal centrodestra con alcuni consiglieri eletti nel centrosinistra. Erano gli anni del grande scialo, dello scempio del bilancio regionale.

Tutto e sempre denunciato, con pochissimi altri, prendendo spunto dal Consiglio sempre più faraonico e dal dossier del 1999. Ma in quei cinque anni il quotidiano cagliaritano – inclusi parecchi dei fustigatori di oggi – era schierato come un solo uomo con Serrenti, Mariolino Floris, Mauro Pili, Italo Masala e l’emergente Ugo Cappellacci assessore al bilancio nell’ultima disastrosa Giunta della destra. E’ notevole che abbia trovato oggi slancio moralistico e toni da indignata denuncia, pur nella persistente amnesia selettiva del passato scomodo e inglorioso. Non ha memoria corta: l’ha sforbiciata confidando che i periclitanti lettori dimentichino nefandezze passate e recenti.

Giorgio Melis

 

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