Il regalo del governo a Cappellacci-Masaniello

Ugo Cappellacci coglierà l’occasione della cancellazione della norma della Finanziaria che determinava il taglio dell’Irap per dimettersi? La domanda circola da ieri negli ambienti politici isolani. Certo, l’occasione è ghiotta. Sembra quasi cucita su misura per dare l’ultima e definitiva accelerata alla campagna elettorale avviata ormai da mesi dal governatore.

Elevato al rango di presidente della Sardegna nel 2009 attraverso una spettacolare operazione politico-mediatica gestita da Silvio Berlusconi in persona, Cappellacci – figlio di un centralismo politico-finanziario rozzo e spudorato – ormai da tempo fa di tutto per accreditarsi come un Masaniello sardo, un quasi-indipendentista di centro, uno strenuo difensore degli interessi di una terra strangolata da Roma.

Come questo “nuovo Cappellacci” possa stare assieme all’uomo di cui appena ieri sera parlavano (nella puntata di Report) Flavio Carboni e Denis Verdini, sarebbe un mistero se non fosse sotto gli occhi di tutti la condizione dell’informazione in Sardegna. Cappellacci, con i soldi pubblici, è coeditore di fatto dei principali gruppi editoriali e gode del pieno sostegno in particolare de l’Unione sarda. Sostegno che la giunta ricambia con generose elargizioni di pubblicità istituzionale al gruppo di Sergio Zuncheddu. Il quale – stando a delibere anche molto recenti – ha pure ottime possibilità di affittare proprio alla Regione sarda una serie di suoi immobili sfitti.

Così può succedere che lo stesso uomo che parlando al telefono con l’imprenditore Riccardo Fusi (altro amico di Verdini) descriveva la Sardegna come un luogo dove c’è una popolazione scadente ma una terra meravigliosa, e si mangiano ottime aragoste, oggi possa pensare di mettersi alla testa di una specie di marcia su Roma a tutela dei diritti autonomistici.

Ci sarebbe da ridere, ma viene da piangere. Perché l’improvvida mossa del governo – e c’è da augurarsi che subito si levi una voce rassicurante per dire ufficialmente quanto fin da ieri sera si mormorava: e cioè che il taglio dell’Irap sarà ripristinato – crea le condizioni per una mossa politico-propagandistica dalle conseguenze imprevedibili. E cioè un’accelerazione improvvisa della campagna elettorale col centrodestra che si ricompatta attorno al Cappellacci-Masaniello mentre ancora il centrosinistra deve avviare il confronto interno sul programma e non tutta la coalizione è convinta che il miglior candidato sia quello che ha vinto le primarie.

Con un solo colpo, Cappellacci spazzerebbe le resistenze interne alla sua ricandidatura, metterebbe in ombra le inchieste giudiziarie in cui è coinvolto, e avviarebbe la marcia per la riconquista del palazzo di viale Trento. Non è fantapolitica. E’ una possibilità concreta che si è creata in meno di 24 ore. Questa volta sì sulla pelle dei sardi.

Intanto, mentre Roma mette in discussione il taglio dell’Irap, procede senza ostacoli il taglio dell’industria. “Taglio” – come racconta Carlo Martinelli – in senso letterale: la svendita dei macchinari destinati alla produzione. E cioè la morte definitiva di qualunque speranza di ripresa. Con pezzi dell’apparato industriale isolano che vengono comprati e poco prezzo e trasferiti nei paesi dell’Est e nel nord Africa. Nel silenzio pressochè assoluto della politica.

 

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