Donne uccise, Darwin e certi uomini: urge lo psicologo, non la pistola in casa

Non voleva. Nemmeno lui. Non voleva che la sua ex amasse un altro. Lui come tutti gli uomini che uccidono le donne, considerandole una proprietà. E in Italia sono già diciassette quelle ammazzate dall’inizio dell’anno. Una media di una ogni cinque giorni. Pura barbarie.

Lui è l’assassino di Romina Meloni, l’ultima condannata a morte, in un’esecuzione che si è consumata ieri, a Nuoro, quando ancora stavamo pensando a Michela Fiori, strangolata ad Alghero l’antivigilia di Natale. E nel mezzo Loredana massacrata a Enna, Norina a Melito di Napoli, Ghizlan a Modena, Roberta a Milano. Solo una lista parziale.

Lui, il vile agente penitenziario, non lo citiamo. Perché ci piace emulare la premier neozelandese Jacinda Ardern che ha trasformato in innominato, per assenza di valori umani, il suprematista folle di Christchurch. Quello che a marzo ha sparato all’impazzata in una moschea. In un nome di un dio del tutto inventato.

Però di questi tanti ‘lui’ abbiamo il dovere di parlarne. Per ammettere che forse ci siamo evoluti meno di quanto pensiamo. O quasi nulla, se il metro di paragone della scalata verso la civiltà è la distanza dall’atavico senso del possesso. Roba da caverna. Sentimento primordiale a cui può solo giovare la farsa del Congresso sulla famiglia. Ipocrisia all’ennesima potenza. Una passata di vernice stantìa per nascondere i peggiori istinti omofobi.

Ora: ogni volta che una donna viene uccisa, gli uomini si dividono tre categorie. Nella prima rientrano quanti si indignano. Per davvero. E speriamo che prima o poi scendano in piazza. Il secondo gruppo lo formano di diritto gli pseudo paladini dell’uguaglianza: sono i maschi che sognano di diventare Alfa e coi cadaveri delle donne ancora caldi, scrivono su Facebook la loro lezioncina col ‘però’, lagnandosi per le tante braghette maltrattate dalle donne (che è pur vero, se pensiamo alle madri che usano i figli come arma di ricatto, ma è un altro tema, non la versione maschile del femminicidio). L’ultima categoria, la più pericolosa, la terza, è l’esercito dei silenti. Quelli che non prendono posizione. Mai una volta. Invece ce ne sarebbe un gran bisogno.

In un Paese che sulla scuola non investe più, da decenni, viene voglia di praticare un qualche rito voodoo per sperare nel cambio di passo sulla cultura del rispetto e sul diritto alla libertà. Perché la vera legittima difesa non è pistola in casa, ma un ciclo di sedute dallo psicanalista. Altro che leva obbligatoria. Dopo il medico di base, in Italia servirebbe il terapeuta di base. Darwin ha fatto il suo. Il resto tocca allo Stato.

Alessandra Carta

[Foto Ansa]

 

 

 

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