Referendum Trivelle, seggi aperti dalle 7. Il sì di Ganau e il no di Parisi

Alle urne 46.887.562 elettori. Le ragioni del Sì e del No spiegate nelle interviste al presidente del Consiglio, Gianfranco Ganau, e all’ex ministro Arturo Parisi.

Seggi aperti dalle 7 (e fino alle 23 di oggi) per il referendum sulle trivelle, promosso dai Consiglio regionali di Basilicata, Sardegna, Marche, Molise, Puglia, Abruzzo, Veneto, Calabria, Campania e Liguria. Nelle 61.563 sezioni elettorali del territorio nazionale, si decide se abrogare (o meno) l’illimitatezza delle concessioni estrattive a mare nella fascia delle 12 miglia, così come previsto dalla Legge di stabilità nel comma 239 dell’articolo 1, inserito dal Governo di Matteo Renzi.

In vista del voto, Sardinia Post ha intervistato il presidente dell’Assemblea sarda, Gianfranco Ganau, e l’ex ministro Arturo Parisi: l’uno per il fronte del (leggi qui), l’altro a rappresentare le ragioni del No (leggi qui). La partita delle urne si gioca sul filo delle polemiche, dopo che a marzo i vicesegretari nazionali del Pd, Debora Serracchiani e Lorenzo Guerini, hanno invitato all’astensione. Un tiro poi corretto dal partito che ha lasciato libertà di voto pur continuando a parlare di “referendum inutile”.

Lo scontro interno al Pd, guidato dal governatore della Puglia Michele Emiliano, si è trasferito anche in Sardegna, dove Ganau è stato l’unico big democratico a fronteggiare la posizione del Nazareno parlando apertamente di “Governo irresponsabile“. Dal presidente del Consiglio regionale hanno preso le distanze sia il capo della Giunta, Francesco Pigliaru, che il segretario-europarlamentare Renato Soru. Ma se il primo ha detto che andrà alle urne e voterà no (qui il link), il secondo non ha mai chiarito cosa farà domenica. Nella Direzione del 2 aprile scorso Soru si è limitato a contestare l’opportunità del referendum (qui la cronaca da Oristano).

Di certo, nel Pd isolano c’è una frattura, l’ennesima, che dovrà essere ricomposta, a prescindere dall’esito della consultazione popolare. E anche a questo fronte di scontro Sardinia Post ha dedicato uno spazio intervistando il consigliere regionale Gavino Manca (ecco cosa ha detto), unico esponente del gruppo Pd che il 23 settembre scorso si oppose alla richiesta di referendum abrogativo votata dal resto dell’Aula.

Fuori dal Partito democratico, a favore della consultazione popolare si sono espressi il sindaco di Cagliari, Massimo Zedda (leggi qui), e la scrittrice Michela Murgia (leggi qui).

Perché la consultazione popolare sia valida, è necessario che domenica venga raggiunto il quorum, cioè deve andare alle urne il 50 per cento più uno dei 46.887.562 elettori. Di cui 22.543.594 uomini e 24.343.968 donne. Lo scrutinio comincerà subito dopo la chiusura dei seggi.

Questo il quesito referendario che si trova stampato sulla scheda: “Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ‘Norme in materia ambientale’, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita’ 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: ‘per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale’?”.

Facendo una crocetta sul Sì, è un voto per l’abrogazione. Barrando il No, invece, viene mantenuta l’illimitatezza delle concessioni estrattive. E sono ventitré quelle interessate dal referendum. (al. car.)

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