Solinas al suo cerchio magico che perde pezzi: “Sarò candidato”. Ma non si sa da chi

Alessandra Carta

Il tormentone è ricominciato. Christian Solinas, dopo la scorpacciata di autocandidature fatta veicolare nei mesi scorsi attraverso le pagine de L’Unione Sarda, adesso ci sta riprovando con una tecnica nuova: il governatore mette tutto in bocca a Giovanni Satta, il sardista che presto diventerà ex, per sua stessa ammissione, eppure il presidente lo ha designato come capogruppo dei Quattro Mori in Consiglio regionale, anche se ha un rosario di pesantissime accuse a proprio carico (qui tutta la storia).

Il capogruppo designato si è aperto con La Nuova Sardegna, spiegando nei dettagli cosa è successo ieri nella riunione interna del Psd’Az, a cui ha partecipato lo stesso Solinas. Assenti, invece, cinque onorevoli su undici: Gianni Chessa, Stefano Schirru, Piero Maieli, Fabio Usai e Franco Mula. Satta ha rivelato che il governatore ha addirittura “ostentato sicurezza” sulla sua corsa bis a Palazzo, come se fosse una cosa certa. Il problema di Solinas è che in una coalizione la decisione sulla leadership è un percorso condiviso, i desiderata, anche di un uscente come lui, non si convertono in automatico in certezza.

La cartina di tornasole su quanto invece la ricandidatura di Solinas sia incerta, è data proprio dall’intervista rilasciata ieri da Ugo Cappellacci al quotidiano di Cagliari. L’ex governatore, da molti anni coordinatore di Forza Italia in Sardegna, ha fatto le pulci al quinquennio di Solinas. Ovviamente in maniera furbissima, visto che il fallimento del presidente sardista è colpa di tutto lo schieramento, non solo del governatore. E a domanda precisa sulla corsa bis di Solinas, Cappellacci ha chiarito: “Non viviamo in una monarchia”, le candidature “sono sempre ragionamenti collegiali che possono oltrepassare i confini nazionali”. Del resto non è detto che la Sardegna, nella spartizione politica interna al centrodestra, resti una casella di Lega-Psd’Az. Se l’Isola andasse in quota Fdi o la stessa Forza Italia, il candidato governatore non sarebbe di certo Solinas.

Eppure il presidente della Regione continua a fingere di non conoscere le regole della politica, quelle stesse che nel 2019 hanno permesso la sua candidatura perché Solinas ci aveva visto lungo e si era legato alla Lega, allora il partito più forte in Italia, mai entrato in Sardegna e senza un nome da spendere. Solinas è stato l’uomo giusto al posto giusto. Nel tempo i rapporti tra Solinas e Matteo Salvini si sono deteriorati. Ma siccome oggi tra le camicie verdi è in bilico la stessa leadership di Salvini, con il Piano di investimenti nella sanità è come se Solinas stesse preparando il terreno per costruire un asse con i possibili futuri capi del Carroccio, a cominciare dal governatore veneto Luca Zaia. Il quale a Solinas ha suggerito soprattutto Annamaria Tomasella, l’attuale Dg di Ares, la Asl unica del centrodestra a cui Solinas ha affidato lo studio di fattibilità per trasferire a Sant’Elia il Brotzu e l’Oncologico, anziché realizzare l’ospedale. Così attraverso la delibera 19/82 del 1° giugno.

Il puzzle potrebbe non avere al momento tutti gli incastri giusti. Ma l’ossessione di Solinas per la sanità e il nuovo annuncio urbi et orbi sulla propria ricandidatura hanno tutto il sapore di un disegno già discusso. E di cui è a conoscenza pure l’assessore Carlo Doria, l’accompagnatore ufficiale di Solinas in questa rincorsa per gli ospedali.

Domani a Villa Devoto sono convocati i leader dei partiti. È il vertice di maggioranza che Cappellacci e gli Fdi hanno fatto saltare nei giorni scorsi. Una lezione data volutamente al stesso governatore che pensava di dare ordini e trovare la coalizione obbediente ai suoi piedi. Invece quello che sta venendo fuori, politicamente parlando, è che Villa Devoto sta diventando il capezzale di Solinas. Sugli ospedali il capo della Giunta sta tirando troppo la corda. Il punto di rottura è sempre più vicino. L’unico che sembra non volerlo capire sino in fondo è proprio il governatore.

Alessandra Carta

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