Paolo Fadda risarcito. E la Sardegna?

E’ arrivato il “sottosegretario sardo”. E’ così da sempre: prima della formazione di un governo, scatta un “toto-cariche” regionale. Non succede solo da noi, accade un po’ ovunque. Ma con maggiore intensità nelle aree marginali e depresse. E’ una specie di gioco di società nel quale si mischiano varie motivazioni. Quella campanilistica (che ha alla base un compiacimento analogo a quello che si diffonde quando c’è un cantante sardo a Sanremo o un atleta sardo alle Olimpiadi), come quella utilitaristica (avere ‘uno di noi’ in un posto che conta può essere d’aiuto a tutti).

Nel corso della campagna elettorale il problema della ‘presenza sarda’ nel futuro governo era stato affrontato in modo esplicito dal candidato premier Pier Luigi Bersani che aveva promesso l’apertura di un tavolo permanente sui problemi dell’Isola. Un annuncio giunto poco settimane dopo che nel discorso di fine anno il presidente Giorgio Napolitano aveva citato la Sardegna come esempio della pervasività di una crisi economica che non colpisce solo i singoli comparti economici ma “l’economia di un’intera Regione”.

Tutto questo, assieme ai toni para-sardisti assunti dal centrodestra e alla ripresa nel Pd del dibattito sulla costituzione di un’organizzazione sarda autonoma, federata con quella nazionale, ha contribuito a rilanciare, rafforzandola, una convinzione radicata nel senso comune: che la crisi dell’Isola abbia specificità tali da rendere necessari provvedimenti eccezionali. Una rivisitazione sempificata della tesi gramsciana dell’esistenza di una ‘questione sarda’ nell’ambito della più vasta ‘questione meridionale’.

Il fatto, abbastanza evidente, che poi nel para-indipendentismo del centrodestra e nel federalismo del centrosinistra ci siano anche motivazioni puramente strumentali (connesse all’imminenza delle Regionali), non attenua la rilevanza del fenomeno e la fondatezza della pretesa. Così come l’immagine folkloristica del commercialista cagliaritano Ugo Cappellacci con sa berritta in conca, non colpisce l’autenticità delle istanze di difesa del nostro patrimonio identitario.

Ed ecco che si arriva finalmente, l’altra sera, alla nomina dei sottosegretari. E il sardo è il democratico Paolo Fadda, politico di lunghissimo corso, che va a occupare un ufficio al ministero della Salute. C’è da fargli ovviamente i migliori auguri. Ma non è questo il punto.

Il punto è che la nomina di Paolo Fadda non risponde alle aspettative dell’attesa. Non ha alla sua base la volontà di dare un riconoscimento alla specificità del ‘caso Sardegna’. Riconosce, invece, la specificità del caos del Partito democratico. E appare come un risarcimento dei danni provocati con la gestione contradditoria e per certi aspetti sconcertante delle primarie per la scelta dei parlamentari.

Paolo Fadda era uno dei danneggiati dalle decisioni romane. Spostato al numero 5 della lista per il Senato aveva scarsissime possibilità di essere eletto. Avrebbe potuto farcela solo se all’exploit elettorale del Pd (che com’è noto non c’è stato) si fosse accompagnato un drastico ridimensionamento di Sinistra ecologia e libertà. Come altri, è stato sacrificato per far tornare i conti degli accordi nazionali del Pd col minuscolo ma sempre vivo Partito socialista (la Sardegna ha così portato a Montecitorio il socialista pugliese Lello Di Gioia) e per far quadrare il cerchio di altri spostamenti complicati che, tra l’altro, hanno determinato l’elezione del sardo più vicino a Enrico Letta, Marco Meloni, in Liguria.

Se il risultato elettorale fosse stato diverso, anche altri sarebbero stati risarciti. Nel “toto-sottosegretari” avviato prima delle Politiche (quando a Roma era in atto addirittura la spartizione dei ministeri del futuro e sicuro ‘Governo Bersani’) c’erano praticamente tutti i nomi delle “vittime delle primarie”, da Guido Melis a Giulio Calvisi a Francesco Sanna (poi recuperato dalla direzione nazionale e candidato alla Camera in un posto sicuro).

Parliamo di parlamentari esperti e capaci, il cui operato è stato giudicato positivamente in modo pressoché unanime. Ma qua non è in discussione la qualità delle persone. E’ in discussione il metodo. Il solito metodo. Ed è paradossale e anche amaro che la Sardegna abbia una sua rappresentanza nel governo non per un riconoscimento di specificità ma perché era necessario far tornare i conti nel martoriato Partito democratico.

G.M.B.

 

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