VERSO LE REGIONALI. Alessandro Mongili: “Sono con Michela Murgia, ma ProgReS…”

Da Alessandro Mongili, riceviamo e pubblichiamo questo intervento sulle prossime elezioni Regionali.  Cogliamo l’occasione per ricordare che questo è uno spazio aperto al dibattito tra le forze del centrosinistra e quelle che, da altri punti di vista politici,  si oppongono alla giunta Cappellacci. 

In questi ultimi giorni abbiamo assistito a due eventi terribili. Da un lato la strage di profughi nel Canale di Sicilia, in parte riconducibile all’imbecillità radicale e violenta delle leggi italiote, dall’altro a una commedia vomitevole avvenuta in Parlamento, che tutti conosciamo, ben riassunta nel giudizio del Nipote Mannaro (dato mentre stringeva le mani, sottobanco, ad Alfano): “è un grande”, a proposito di Berlusconi. Qui in Sardegna abbiamo assistito anche alle Ultimarie del Pd, vuoti Giochi senza frontiere del “Chi piazziamo alla presidenza per pararci il culo?”. Il filo rosso di tutto questo è che ci troviamo di fronte a un paradossale serrare le righe dell’establishment politico-clientelare proprio sulla soglia del baratro assoluto, per lo Stato italiano e per la Sardegna.

L’ultimo scampolo di dignità è stato rappresentato dalla candidatura di Andrea Murgia alle Ultimarie. Purtroppo, questo tentativo generoso era privo di una base politica, poiché mai e poi mai il castosaurame del Pd l’avrebbe votato nel caso in cui avesse passato le primarie. Hanno già fatto fuori Soru, con lui non avrebbero avuto alcuna pietà. Questa è l’epoca in cui il Pd “vero” ha finalmente gettato la maschera e fa quello che ha sempre fatto, però apertamente: difende gli interessi della propria casta, e del resto se ne frega. Al limite piazza qualche specchietto per le allodole qua e là. Non c’è più spazio per proposte oneste di cambiamento, ma solo per la conservazione degli assetti di potere esistenti e per l’applicazione di politiche recessive dettate altrove.

Per queste ragioni, io credo che tutti coloro che non accettano di collaborare con questa vera e propria restaurazione partitocratica, e che provengono dalla sinistra sarda, debbano velocemente raccogliersi intorno alla candidatura di Michela Murgia alla presidenza della Regione. Continuare a “drogarsi” con le favole della vecchia Sinistra, e sostenere quindi la candidata del Pd, significa votare l’oligarchia politico-affaristica in Sardegna e l’inciucio partitocratico a Roma, significa sostenere ancora sotterfugi o mediazioni fra chi ha provocato questo disastro, significa eternizzare la dipendenza della Sardegna e rimandare lo sviluppo di una democrazia vera, che non abbiamo purtroppo mai conosciuto. E la cui mancanza è la vera base del disastro economico in cui ci troviamo.
Non vi sono altre alternative. Purtroppo, il Grillismo ha manifestato in questa fase tutta la sua inutilità politica e il suo carattere velleitario: è infatti totalmente ininfluente per la politica, e si sta trasformando in una raccolta di materiale aneddotico per i comici. SEL, che pure in tanti abbiamo sostenuto a Cagliari, sperando nella costruzione di un’alternativa alla deriva neopartitocratica, ha prodotto un fallimento che è insieme politico, poiché non è in grado di avere una proposta politica leggibile, ma anche amministrativo e morale.

La candidatura di Michela Murgia potrà inoltre permettere agli elettori di esprimersi chiaramente su quale modello di sviluppo desiderino. Proseguire nella strada tracciata, che è quella dell’industria assistita e della dipendenza dalle politiche romane, può essere tranquillamente scelto da chi voterà Pd o Pdl, da chi pensa che “da sola la Sardegna non può farcela” e che “la colpa alla fine è dei Sardi”. Per cui, morta un’Alcoa se ne fa un’altra, e così via di seguito. Chi invece pensa che la modernizzazione non debba per forza corrispondere a una mutazione genetica o antropologica, come nei paesi del Terzo Mondo o colonizzati, ma, come invece accade nei Paesi avanzati e democratici, si debba armonizzare con la cultura e le caratteristiche del nostro territorio, debba essere più “evolutiva”, ha la sua candidata, e questa è Kelledda. Chi altra? E’ inutile pensare che un’altra candidatura si manifesti dopo macchinose trattative, anche partecipate. C’è già, preoccupiamoci piuttosto del resto. Di costruirci intorno una maggioranza politica nuova, o almeno un’opposizione vera, che non faccia più sconti ai podatari della nostra epoca.

Potremo finalmente votare per chi assume un atteggiamento più laico e realista verso lo sviluppo della nostra Terra, che non prescinda dalle sue risorse e dai suoi interessi veri, con i piedi ben piantati per terra. Senza più scappatoie verso avveniri radiosi che si traducono in regioni intere della Sardegna piene di ruggine e avvelenate sino alle falde acquifere, e di cassintegrati senza speranze. Che non sia più, per necessità o per convinzione, conservazione del modello esistente perché si è implicati sino al collo nella sua costruzione e/o gestione, come è il caso per il continuum Pd-Pdl.

La candidatura di Michela Murgia va verso la costruzione di un fronte comune in opposizione alla dipendenza e al dipendentismo come ideologia e come pratica. Al farsi dettare le politiche dai partiti romani, insomma. E’ arrivato un momento in cui è possibile sfidare tutto questo, e gli indipendentisti hanno l’onere di guidare questa gravosa impresa. Anche senza volerlo, è il tracollo di ogni altro riferimento politico a creare questa opportunità storica, che sarebbe grave non saper cogliere. E’ una contingenza importante, per loro.

Purtroppo, l’indipendentismo sardo viene da un’esperienza di minoritarismo e di marginalità rispetto al discorso politico dominante. E’ stato ed è un mondo spesso perseguitato in modo ingiusto. Tuttavia, questo è il momento di accantonare questo passato e, anche se non è facile, passare dalla politica come testimonianza alla politica come raccolta, e anche con una certa rapidità. La candidatura di Michela Murgia è la più adatta a parlare all’insieme dei cittadini, per i caratteri della sua esperienza professionale e per le sue capacità comunicative, oltre che per la sua integrità personale. Credo che in questo momento ognuno sia chiamato a sacrificare parti anche consistenti delle proprie appartenenze politiche per raccogliersi intorno a una candidatura che, è chiaro, parla alla gente ed è intesa immediatamente dal nostro popolo come propria.

Uno sforzo di apertura e di mediazione è necessario anche per la formazione politica che ha avuto l’intelligenza e la lungimiranza di costruire questa candidatura, ProgReS. Tutti conosciamo la loro serietà e anche il coraggio con cui perseguono posizioni talvolta originali, per il nostro contesto. Il mio appello è che si rendano conto del carattere particolare della loro vicenda, e della centralità che hanno assunto in questo momento. Un partito composto da giovani, in genere istruiti, si trova a dover assemblare esperienze, generazionali, di classe, di linguaggio, molto eterogenee. Ci sono stati molti altri casi simili, nella storia, alcuni anche non proprio fortunati. Su di loro, e su Michela Murgia in particolare, incombe la responsabilità di allineare elementi molto eterogenei intorno a un progetto politico esemplificato dalla sua candidatura. In questo, ci vuole la dote principale per qualsiasi leadership, la generosità, il fare passi indietro, l’essere capaci di far posto a altri punti di vista rispetto ai propri. Infatti, credo che, se ci sarà finalmente innovazione nella nostra politica, la possibilità che accada sarà nelle mani degli altri che vi raggiungeranno, non di voi stessi, amici di ProgReS.

A questo proposito, il mio invito si estende in particolare al non chiudersi rispetto alle istanze del movimento linguistico e dei suoi portaparola, e a dare alla questione linguistica la centralità che merita. Infatti, su che cosa vogliamo costruire la nostra uscita dalla dipendenza se non sul dare centralità al patrimonio linguistico originale che il nostro popolo ha elaborato nell’ultimo millennio? Qual è l’infrastruttura che collega le nostre vite, le abilità dei nostri corpi all’indipendenza vera, al nostro essere comunità, se non la nostra lingua?

Alessandro Mongili

 

 

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