Ultime notizie (da Modena) sulle grandi manovre attorno al Banco di Sardegna

Nuovo intervento di Amsicora, lo pseudonimo dietro cui lavora un gruppo di economisti e di politici – noto ovviamente a Sardinia Post – che opera per la trasparenza nelle scelte.

«In queste ultime settimane, nei piani alti della Bper a Modena, pare che sia in atto un confronto assai aspro fra il presidente Ettore Caselli e l’amministratore delegato Alessandro Vandelli. La disputa è tutta sulle strategie da attuare per giungere alla trasformazione in società per azioni ed alla conseguente fusione con altra popolare. L’oggetto della divergenza riguarderebbe la destinazione: se andare a nozze con la Popolare di Milano, come preferirebbe il presidente, o invece – secondo Vandelli – con le due popolari valtellinesi»: è quanto ci scrive un amico emiliano, aggiungendo che altro motivo riguarderebbe la sorte del Banco di Sardegna che Caselli vedrebbe al di fuori dell’accordo e che Vandelli invece penserebbe ad una sua sparizione, fondendolo in una nuova Grande Bper.

Nel frattempo, per quel che risulta qui nell’isola, continua il depotenziamento (nell’autonomia e nei servizi) del Banco di Sardegna, tanto da risultare niente più che una semplice dipendenza della direzione modenese. Tanto da far dire ad uno dei pochi dirigenti sardi, sopravvissuti alla modenizzazione del management, “ormai non siamo più una banca!”.

Quel che sconforta, preoccupa e, soprattutto addolora, è che tutto questo stia avvenendo nel silenzio più assoluto, con il beneplacito di quei soci al 49 per cento del capitale, rappresentati addirittura dal presidente del consiglio di amministrazione.

Quel che potrebbe sconfortare e preoccupare ancor di più è l’aver letto recentemente alcune dichiarazioni del massimo rappresentante della Fondazione (titolare di quel 49 per cento) che avrebbe giustificato la sottoscrizione di nuove azioni nella Bper, in modo da arrivare ad un 5-6 per cento, con la necessità di poter contare di più nella difesa della sardità del Banco (forse dimentico che l’incapacità a “contare” con il 49 per cento del capitale alimenterebbe dei cattivi pensieri…).

Si è usato il condizionale perché quella dichiarazione – se le nostre informazioni sono esatte – servirebbe a sviare una differente realtà: e cioè che quell’incremento della partecipazione nel capitale Bper sarebbe stato concordato con uno dei fondi d’investimento più attivi nel settore (attraverso la sede di Milano della “Bank of America Merrill Lynch”) interessato ad acquisire il Banco di Sardegna per riportarlo alla sua condizione originale di banca regionale.

Vi sarebbero stati in proposito diverse avances del responsabile europeo di quella banca d’affari con il presidente della Bper, attraverso un ex presidente della Popolare di Milano, per prospettare il piano strategico. Infatti, con l’abolizione del “voto capitario” nella Bper, la partecipazione della Fondazione, unitamente a quelle detenute dai Fondi, farebbero maggioranza relativa, tale da favorire la fusione con la Popolare di Milano e lo scorporo del Banco di Sardegna.

Fantaeconomia? Forse, ma è indubbio che il Banco di Sardegna ha delle potenzialità oggi male utilizzate dalla servitù con la Bper, tanto da convincere gli economisti ed i banchieri della Merrill Lynch a volerne il rilancio, attraverso un suo ritorno alle origini di “prima” banca dell’isola.

Possiamo ritenere questo scenario possibile? Anche in quest’ipotesi la risposta deve essere espressa con un “forse”. Di certo è che il gioco è in mano alla Fondazione, all’abilità del suo presidente, ai suoi convincimenti. Non è per facile capire se stia giocando sulla ruota di Caselli o su quella di Vandelli.

Ora, se le nostre informazioni sono esatte, il regista numero uno dell’operazione sarebbe il dottor Marco Morelli, ex direttore generale di Intesa Sanpaolo. Morelli è oggi il Country executive della Merrill Lynch per l’Italia, nonché capo del corporate & investment banking (sempre per il nostro Paese) della banca americana. Un uomo quindi di grande prestigio nel settore, molto vicino tra l’altro anche alla Popolare di Milano, giacché il suo Consigliere delegato, Giuseppe Castagna, proviene da Intesa San Paolo, dove fino al 2013 ha diretto la banca dei territori di quella banca.

Bisogna anche aggiungere – proprio per capire le potenzialità finanziarie dei proponenti – che la banca d’affari Merrill Lynch è controllata dalla “BlackRock”, un gigante della finanza mondiale, che al 30 giugno 2015, gestiva un patrimonio totale di 4.720 miliardi di dollari ripartito tra strategie azionarie, obbligazionarie, monetarie, investimenti alternativi e real estate. In Italia, dove opera da ormai da tanti anni, il suo Country manager, Andrea Viganò, ha investimenti per circa 80 miliardi di dollari, di cui il 20 per cento in banche (questi, ha recentemente confermato a Milano Finanza, l’interesse del suo gruppo sulle partecipazioni nel capitale delle banche popolari).

In conclusione, per completezza d’informazione, e per dare una precisa identificazione a queste notizie, occorre ancora tener presente che, nei primi mesi del 2016, la Bper dovrà procedere a quanto prescritto dalla legge Renzi per la trasformazione da cooperativa in società per azioni e che, in quella sede, ne verrà definita la sorte, se aggregata ad altra banca o aggregante di altre banche. Anche l’amico emiliano ci conferma peraltro che tra Caselli, Castagna e Morelli ci sono stati di recente diversi incontri favoriti dall’amicizia comune con un importante esponente della finanza meneghina, come il dottor Roberto Mazzotta.

Su questa partita, non certamente semplice, si giocherà anche la sorte della banca sarda ed è indubbio che la “politica sarda” non dovrà stare a guardare. Perché ne va di mezzo un patrimonio inalienabile della nostra storia.

Amsicora

P.S. Vorremmo aggiungere che non si è molto disposti a dover continuare ad accettare il refrain abituale recitato dalla Giunta Regionale che ritiene queste delle manovre tra privati, su cui la politica non deve, né può entrare. Tutto perché in viale Trento ed in via Mameli a quanto pare si ritiene che la Fondazione sia un soggetto privato e non una proprietà dell’intero popolo sardo. Eppure, che sia così lo conferma la stessa “carta” delle Fondazioni dove è detto che i loro azionisti – li definisce stakeholders (cioè dei portatori di interesse) – sono esclusivamente i cittadini del territorio di riferimento (cioè, nel nostro caso, tutti noi sardi).

Foto Roberto Pili

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