Riformare la Regione. E anche i suoi burocrati

Si riparla di riforma della pubblica amministrazione. Lo fa il governo Renzi che ha appena approvato lo schema di decreto legislativo sulla materia che dovrà diventare legge e ne parla la giunta regionale che pone la riforma della burocrazia della Regione come uno dei punti fondamentali della sua attività di governo.

Nelle riforme della burocrazia i soggetti protagonisti sono tre: la parte politica, ovvero il governo e l’organo legislativo che dettano le regole, l’apparato burocratico chiamato ad attuarle ed i cittadini che sono i potenziali beneficiari delle riforme.

In tali processi di riforma la burocrazia può essere soggetto attivo sia nella fase propositiva che attuativa. Ma può essere anche l’elemento che tali riforme non solo osteggia ma addirittura vanifica, ponendosi come vero e proprio soggetto da controriforma. La storia dell’amministrazione pubblica in Italia e’ costellata di non pochi di tali comportamenti, non certo esemplari, del nostro apparato pubblico.

Il discorso non cambia per la nostra Regione. Voglio portare alcuni esempi di trentadue, ventotto e ventiquattro anni fa (un’altra vita burocratica, si potrebbe dire) da me vissuti come protagonista, in cui la burocrazia fu, da un lato, autonomamente propositiva e portatrice essa stessa di idee innovative in termini organizzativi e di buone pratiche, mentre, dall’altro, si mostrò strenuamente conservatrice dello status quo e pronta ad affossare anche le più moderne riforme.

Nel 1982 la Regione concesse i “buoni casa” per l’acquisto, la costruzione ed il recupero della prima casa utilizzando per la prima volta, per la formulazione delle graduatorie regionali, le procedure informatiche.Erano pochissimi, in quel momento, i terminali, collegati al computer centrale della Regione, a disposizione degli uffici regionali ed i funzionari del servizio dell’edilizia abitativa dovettero fare la spola con l’assessorato al Lavoro, che aveva qualche “terminale” a disposizione, portandosi appresso centinaia di faldoni per l’informatizzazione delle pratiche istruite.

L’assessore di allora rimase di stucco (“già pronte!”, esclamò) quando, dopo aver firmato la sera prima il decreto di approvazione delle graduatorie, si trovò la mattina seguente, sul suo tavolo per la firma, le migliaia di lettere di finanziamento che “riuscì” a sottoscrivere dopo due settimane! Nella graduatoria nazionale dei “buoni casa” la Sardegna si collocò, in quegli anni, al terzo posto per la capacita’ e velocità di spesa tra tutte le regioni italiane.
Nel 1986 il bando regionale dei “mutui casa”, dopo un preliminare e complesso accordo con le banche, fu emanato con appena 6 giorni di ritardo (!) rispetto ai 90 giorni previsti dalla legge n. 32 del 30 dicembre 1985. Tutti i procedimenti attuativi furono informatizzati, dalla concessione dei mutui all’erogazione dei fondi alle banche.Un nuovo modo di organizzare una pubblica funzione che mise inizialmente in difficoltà’ le banche convenzionate che “contavano”, almeno all’inizio, sui consueti tempi dell’amministrazione regionale.

Ci fu un cambio di rotta, almeno in quel settore, nei rapporti tra Regione e cittadino: i funzionari, ognuno dei quali era dotato di un terminale collegato con i centro elaborazione dati, rispondevano in tempo reale alle richieste telefoniche di informazioni e se una pratica era incompleta il richiedente riceveva una lettera informatizzata che recava in calce il nominativo ed il numero telefonico interno del funzionario istruttore da contattare. Si era passati da un’amministrazione pubblica impersonale e lontana dalla gente, e con scarsa attenzione per i tempi dell’azione amministrativa, ad una amministrazione efficiente che apriva le proprie stanze all’accesso dei cittadini senza necessità di appuntamenti o di preventivi filtri di natura politica o pseudo politica.

Nel 1990 una modernissima legge della Regione, la n. 40 del 22 agosto dello stesso anno, dal titolo “Norme sui rapporti fra i cittadini e l’Amministrazione della Regione Sardegna nello svolgimento dell’attività amministrativa”, impose, tra l’altro, agli assessorati regionali di indicare, per ogni procedimento, i funzionari responsabili ed i tempi previsti per la conclusione del singolo procedimento.

Quella norma determinò’ un’epidemia di orticaria tra i massimi dirigenti della Regione: la norma è improponibile e inattuabile, risposero i più, e in una importante riunione tra i “coordinatori generali” degli assessorati per approfondire il tema e possibilmente negare l’applicabilità tecnica della legge, la mia disponibilità a pubblicare, invece, il decreto per l’assessorato da me diretto nei termini voluti dal legislatore regionale fu presa come una provocazione. Un anziano ed autorevole coordinatore generale, non potendo scagliarmi addosso la sua robusta valigetta 24 ore, la sbatté violentemente sul tavolo della riunione provocando, oltre allo spargimento del suo contenuto, l’ilarità degli altri dirigenti.

Fummo solo in tre coordinatori generali ad obbedire, allora, al dettato della legge ed a pubblicare il tanto osteggiato decreto, frutto tra l’altro, di una approfondita e non facile analisi dei procedimenti per il quale, almeno per il mio assessorato, ci volle un intero bollettino ufficiale per contenerli tutti. Ma fu un impegno quasi inutile perché quegli atti non fecero sistema e la stessa politica smise di di interessarsene. Ma fu la prima volta che la Regione, anche se parzialmente, tolse il “segreto di stato” ai suoi procedimenti ed ai relativi tempi, conosciuti sino ad allora dai soli addetti ai lavori.

Se penso a quei tempi ed alle attuali moderne tecnologie rispetto a quelle di trent’anni fa credo che forse oggi dovremmo avere un apparato regionale più efficiente. Mentre sono certo che una certa burocrazia ancora oggi veda con fastidio le possibili riforme in arrivo che la riguardano. C’è dunque la necessità di una crescita culturale del pubblico impiego nostrano che lo faccia diventare classe dirigente di una Regione rinnovata. Altrimenti anche le migliori riforme rischieranno di non essere attuale od attuate male.In ciò i migliori dirigenti e funzionari della Regione possono ricoprire, se lo vogliono, un ruolo di guida e di impulso determinante.

Carlo Mannoni

 

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