Le Regionali sarde, la prima rogna per Matteo Renzi

A Matteo Renzi la notizia arriverà nelle prossime ore, sempre che, durante i festeggiamenti per la vittoria, qualche discorso non sia già caduto sulla Sardegna. A dargli la notizia – stando alla nuova struttura organizzativa del Pd – dovrebbe essere Stefano Bonaccini, il responsabile enti locali della segreteria. Ma potrebbe trattarsi anche di Paolo Gentiloni, che conosce la questione, o di Arturo Parisi il quale, dice chi gli ha parlato di recente, è preoccupato. O, più precisamente, sconfortato.

Chiunque gliela darà, o gliel’abbia già data, la comunicazione della notizia suonerà più o meno così: “Caro Matteo, a fine febbraio-inizi di marzo ci sono le Regionali in Sardegna. E’ il primo test elettorale della tua segreteria. Oggi, a guardare i sondaggi e la situazione generale, l’ipotesi più probabile è che si vada a perdere”.

Poi un quadro sintetico: legge elettorale che non prevede il ballottaggio, Movimento 5 Stelle ancora alto nei sondaggi, la scrittrice Michela Murgia che si candida e attrae l’elettorato di sinistra. E il centrosinistra lacerato, con una fronda composta da varie forze autonomiste, ma anche da Sel, che contesta la candidatura della vincitrice delle primarie. La quale, così come buona parte dei consiglieri uscenti, è anche indagata per peculato.

Fino a ora Renzi sulle vicende politiche sarde non ha speso una parola. Al contrario di un anno fa, non è venuto nell’Isola per la campagna delle Primarie. Ha mandato il suo braccio destro Luca Lotti e, alla vigilia del voto, Simona Bonafè. L’uno e l’altra hanno detto che Francesca Barracciu è fuori discussione e che va sostenuta.

Il nuovo segretario del Pd potrebbe dunque limitarsi a confermare questa posizione (con una dichiarazione rituale come “Rispetto la scelta dei sardi”), senza muovere un dito. D’altra parte, ha raggiunto la leadership del partito quando in Sardegna i giochi erano già fatti. Questo gli permetterebbe di prendere le distanze da un eventuale risultato negativo. Potrebbe parlarne come un frutto tardivo della precedente gestione del partito. La Sardegna non era forse nota, fino a un anno, fa come “Isola dei bersaniani?”.

Inoltre, per quel poco che vale in politica questo sentimento, Renzi non ha speciali motivi di riconoscenza verso i dirigenti del Pd isolano. Con le sole eccezioni di Chicco Porcu e di Gavino Manca, gli altri sono passati dalla sua parte quando Pierluigi Bersani ormai già agonizzava. E, a conti fatti, non gli hanno portato molto in termini di consensi. Anzi, i dati delle primarie – a un esame attento – suscitano il dubbio opposto. Un anno fa, in pressochè totale solitudine, aveva ottenuto circa 17.500 voti, questa volta ha superato i 32.000. Quasi 15mila in più, certo. Ma aveva l’appoggio di Francesca Barracciu e Gianfranco Ganau i quali a settembre, quando si sono sfidati alla primarie, hanno sfiorato complessivamente i 40.000 voti. A lui, se si considera la base di partenza di 17500 voti, ne sono andati meno della metà.

Per il neosegretario non sarà una scelta facile. Perché se è vero che le prospettiva per il centrosinistra sardo non appaiono rosee, è anche vero che alle elezioni mancano tre mesi. C’è dunque ancora il tempo per fare qualcosa. Ma cosa? Nemmeno il punto da cui partire è chiaro: la candidatura della Barracciu è in discussione.

Il primo problema che Renzi deve risolvere è se intervenire subito e dire, in modo definitivo, che la Barracciu è la candidata. O che, invece, la questione giudiziaria obbliga il Pd a rivedere la scelta. Ma se, come appare più probabile, lascerà che i sardi risolvano il problema, si troverà a dover decidere che atteggiamento assumere nel corso dell campagna elettorale.  Se, cioè, gettare tutto il suo peso politico in Sardegna, a sostegno del candidato del centrosinistra – chiunque egli, o ella, sia – o stare a vedere quel che accade. Scelta difficilissima. Perché i sondaggi non sono favorevoli, ma non fino al punto di eliminare ogni speranza. E un intervento in prima persona del nuovo segretario potrebbe fare la differenza.

In definitiva, Renzi non ha una strada sicura per evitare di vedersi intestata l’eventuale sconfitta. Questo dovrebbe suggerirgli di intervenire subito e prendere in mano la situazione. Se non accadrà, vorrà dire che davvero la partita è disperata, quasi impossibile. E toccherà ai sardi trovare la soluzione. Da soli. Del resto, non è quello che, a parole, si rivendica?

G.M.B.

 

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