La “scuola digitale”‘ Trentamila tablet gratis e zero programmi

Trentamila tablet per gli studenti delle scuole sarde: è la promessa di Sergio Milia, assessore alla Pubblica istruzione annunciata qualche giorno fa sul sito della Regione Sardegna. La consegna dei tablet, secondo la nota stampa, avverrà all’inizio dell’anno scolastico come secondo step del più ampio processo di digitalizzazione, dopo l’installazione delle Lavagne Interattive Multimediali in tutte le aule: il progetto “Scuola Digitale”, 125 milioni di euro da spendere entro il 2013 grazie a fondi europei sembra così entrare nel vivo.

Eppure, a pochi mesi dalla chiusura del POR, gli effetti di questo imponente e costoso progetto non sembrano aver minimamente sfiorato l’andamento scolastico nell’isola: tra gli obiettivi iniziali erano infatti prioritari “i problemi della formazione e della ricerca e l’organizzazione di un sistema scolastico regionale fortemente coeso e innovativo”. Sull’innovazione del sistema scolastico gli unici punti fermi sono, per ora, le migliaia di Lavagne Interattive sistemate nei mesi scorsi in tutti gli istituti: risultato un po’ misero se si considera l’impatto che il sistema digitale avrebbe dovuto avere nella scuola tradizionale.

Qualcosa non ha funzionato? I documenti pubblicati sul progetto ci dicono che in effetti l’iter della “Scuola digitale” dopo la sua approvazione nel 2009 ha avuto più di uno scossone. I 125 milioni di euro sono stati spesi solo in minima parte e il progetto è stato modificato e discusso anche pesantemente in più occasioni.

Procedendo con ordine in un marasma di delibere, annullamenti, accordi di programma, rimodulazioni e ridefinizioni il primo documento che parla di scuola digitale in Sardegna è la delibera 52/9 del 2009, poi messa a punto con le linee guida approvate alla fine del 2010: con la “Scuola Digitale” ci saranno una LIM in ogni aula, formazione dei docenti per una didattica all’avanguardia e veramente interattiva, un PC (poi sostituito da tablet) per tutti gli studenti e insegnanti, e una banca dati informatizzata sulla scuola sarda. Punto chiave dell’idea è la produzione di specifici e personalizzati contenuti digitali su almeno dieci materie, grazie anche al lavoro degli insegnanti sardi. I contenuti digitali, di proprietà della Regione, saranno a disposizione gratuitamente per gli studenti tramite la rete e grazie anche a una piattaforma televisiva gestita dalla Regione stessa.

Un anno fa il progetto subisce un sostanziale cambio di rotta: la delibera di giunta 33/1 del 2012 infatti sosteneva “mutate condizioni del contesto” e la considerazione che la Sardegna avrebbe potuto svolgere “un ruolo centrale a livello nazionale con la creazione di un data center dedicato alla scuola italiana”, “una grande opportunità per la Sardegna, grazie alla visione pioneristica della Regione che fin dall’inizio dell’attuale legislatura aveva avviato le condizioni per l’attuazione del progetto Scuola Digitale”. Non si parla più di contenuti digitali innovativi e modulabili creati dalla stessa scuola sarda e personalizzabili per ogni classe, ma di “data center nazionale” a disposizione grazie al “cloud computing”, con prodotti già esistenti sul mercato editoriale italiano.

Questa modifica blocca una procedura di gara, a pochi giorni dalla sua scadenza, per la “Realizzazione del sistema telematico, produzione di contenuti digitali e costituzione di un centro di competenze per l’erogazione dei servizi di eccellenza”, e di fatto sottrae la piena gestione del progetto alla Sardegna consegnando la produzione dei contenuti a direttive statali e a un accordo con il Ministero dell’Istruzione. In questo contesto anche il direttore scientifico del progetto, Silvano Tagliagambe, è colpito dall’esigenza di “ridefinizione degli assetti organizzativi”: il suo contratto viene revocato con una delibera di Giunta.

Perché questo cambio di programma? Perché il progetto “Scuola digitale”, fino a quel momento ritenuto ottimo e condiviso dal personale scolastico di tutte le province, è stato piegato ad accordi col Ministero che mettevano in secondo piano le esigenze della scuola sarda?

Questa domanda, sottoscritta da un gruppo di 27 consiglieri regionali che chiedevano un intervento della giunta con la mozione 216 dell’ottobre 2012, non avrà mai nessuna risposta. Come se niente fosse inoltre l’assessorato alla Pubblica istruzione procede per la sua strada, e nel marzo 2013 approva un nuovo bando per la formazione degli insegnanti: per i soli “servizi logistici e di supporto alla formazione dei master teacher” (quindi non per lezioni, ma esclusivamente per gestione e segreteria dei corsi), la Regione ha affidato al gruppo Enaip, Engineering Sardegna e KPMG Advisory un finanziamento di ben 990mila euro. L’atto è stato però annullato da una sentenza Tar del 19 giugno scorso: poco più di un mese all’avvio del nuovo scolastico, e gli insegnanti non sanno ancora come muoversi con i nuovi supporti digitali.

La sintesi di questa contorta vicenda è che la “Scuola digitale” sarda è stata modificata in alcuni punti, bloccata in altri, ad oggi non si capisce su quali contenuti gli insegnanti dovranno lavorare, se potranno creare lezioni ad hoc per ogni classe o se saranno obbligati a usare testi e materiali in arrivo dal Ministero. Un progetto riveduto ma non corretto, di cui a oggi non esiste una versione definitiva e delle direttive precise. Che fine hanno fatto i 125 milioni che avrebbero cambiato le sorti della scuola sarda? L’unica risposta dell’assessore Milia a questo caos l’abbiamo letta nei giorni scorsi: tablet in arrivo per tutti.

Francesca Mulas

 

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