La Sardegna vista da Auronzo

Ho trascorso alcuni giorni di vacanza ad Auronzo, un paesino delle Dolomiti il cui suono ha avuto il potere di compensare la distanza inducendomi a ragionare spesso, anche senza volerlo, attorno ad alcune delle più eminenti personalità politiche isolane, a partire dal presidente Ugo Cappellacci.

La Sardegna vista da Auronzo è un luogo ancor più bizzarro e sciagurato. Lo spettacolo della straordinaria ricchezza che può derivare dalla conservazione dell’ambiente unita a una imprenditorialità turistica diffusa, ti fa avvertire ancora con maggior rammarico le mille occasioni perdute e con maggior sgomento il tentativo di atto di attenuare la tutela delle nostre Dolomiti, cioè il patrimonio costiero, attraverso lo stravolgimento del Piano paesaggistico regionale.

Con amarezza ti fanno riflettere – questo toponimo tanto rimabile e questi paesaggi maestosi – attorno alle scenario politico che va delineandosi alle prossime Regionali: si corre seriamente il rischio, grazie a una legge elettorale demenziale, che una governo screditato e pluri-indagato – forse il peggiore, di certo il più ridicolo che la Sardegna abbia mai avuto – venga riconfermato dalle urne.

La Sardegna vista da Auronzo è una regione dove esiste una maggioranza molto ampia favorevole al cambiamento che potrebbe trovarsi a essere ancora una volta minoranza. Benché i suoi voti (cioè la somma di centrosinistra, coalizione Michela Murgia e Movimento 5 Stelle) corrispondano circa al doppio di quelli del centrodestra.

Già si avvertono i primi segnali di quanto questo incubo peserà nella campagna elettorale. Già, infatti, c’è chi nel centrosinistra ha cominciato a parlare di “voto utile“. Dove il “voto inutile” sarebbe quello indirizzato a partiti e coalizioni non alleate col centrosinistra. Argomento vecchio, discutibile ma, soprattutto, in questa fase politica, inefficace. Idoneo non ad avvicinare, ma semmai ad allontanare definitivamente gli elettori incerti.

Infatti – è la scontata obiezione –  l’elettore del centrosinistra in molte occasioni nel passato, ma in modo plastico alle ultime Politiche, ha votato in modo “utile” per l’alternativa a Silvio Berlusconi e, invece, se l’è ritrovato al governo. Rispondere che anche il voto al Movimento 5 Stelle è stato, grazie al dogmatismo di Beppe Grillo, altrettanto “inutile”, non basta: come è arcinoto, la somma di due zeri è sempre zero.

Ma c’è un argomento di sostanza che rende ancor meno sostenibile quello del “voto utile”. Ed è che l’elettorato del centrosinistra non ha avvertito in alcun modo l’avvio del percorso che ci si sarebbe aspettati dopo la vittoria-non vittoria delle Politiche: e cioè un cambiamento immediato e radicale non solo del gruppo dirigente responsabile del disastroso risultato elettorale. ma anche del modo di fare politica:  il processo che avrebbe potuto far apparire nuovamente “utile” il voto non è nemmeno cominciato.

Vista da Auronzo, la Sardegna del centrosinistra è quella dell’ex senatore Antonello Cabras il quale, come se niente fosse stato, è passato dal Parlamento alla Fondazione del Banco di Sardegna mentre imperversava la polemica attorno alla commistione tra banche e partiti. E non ha nemmeno avvertito la necessità di spiegare, di dire una parola. Niente. Solo il protervo silenzio del potere che alimenta se stesso e ha se stesso come fine ultimo.

Vista da Auronzo, la Sardegna del centrosinistra è anche quella del presidente della Provincia di Nuoro Roberto Deriu, protagonista di una serie di scelte clientelari che hanno scandalizzato e continuano a scandalizzare l’opinione pubblica e delle quali non ha ancora sentito il dovere di dare pubblica spiegazione. Né alcuno, nel suo partito, l’ha esortato a farlo quando si è candidato alle primarie del centrosinistra e dunque, addirittura, al governo della Sardegna .

Certo, non è solo questo la Sardegna del centrosinistra. Che è fatta, in modo  maggioritario anche se meno visibile, di amministratori, di donne e uomini che continuano a impegnarsi per il cambiamento e per il bene comune. E che avvertono un disagio sempre più acuto per la distanza che li separa dai loro dirigenti. I quali sembrano incapaci di fare un atto di generosità vero, di coraggio. Appaiono, invece, impegnati in tatticismi estenuanti. Qualcuno è in grado di dire quale diversa idea di Sardegna hanno i vari candidati alle primarie?

Vista da Auronzo la Sardegna è una Regione nel caos. Non solo per un il sistema elettorale che il Consiglio uscente (e questo sarebbe un argomento sufficiente per mandarli tutti a casa) ci ha dato e che potrebbe regalarci un governatore minoritario in partenza. C’è di più e di peggio. Le coalizioni si annunciano composte in modo così variegato che il Pd e il Pdl, chiunque vinca, si troveranno in ostaggio dei partiti minori. Perché si sono formate, e continuano a formarsi, con l’idea che i voti di ogni singolo partito siano come dei pacchetti azionari che, sommati l’uno all’altro, alla fine garantiranno la maggioranza.

La lezione delle Politiche, evidentemente, non è bastata. Anche se il nostro sistema elettorale fosse in sintonia con quelli dei paesi civili, il risultato elettorale delle Regionali del prossimo anno sarebbe molto incerto. E credere di poterlo prevenire con alleanze posticce o argomenti come quello del ‘voto utile’ rivela una cecità politica allarmante. A meno che non si tratti di cecità, ma del tapparsi gli occhi per non vedere sentendosi sicuri che, comunque, chiunque vinca, purché vinca una delle due coalizioni principali, il sistema trasversale dei privilegi sarà salvo.

Alle elezioni mancano ancora molti mesi: da sette a nove. Non è poco tempo. In una fase politica come questa, segnata da cambiamenti tumultuosi e repentini, è un tempo ancora più lungo. Le forze del cambiamento sono già in campo. Hanno indicato i loro candidati o si accingono a farlo. Saranno contrapposte tra loro perché l’assenza del ballottaggio impedisce tecnicamente delle convergenze. Ma non è detto che queste forze debbano essere contrapposte in modo ostile nella campagna elettorale e nel dibattito.

I loro elettori “si somigliano”, nel bene, molto più dei loro dirigenti. I quali hanno il dovere politico e di parlarsi e di confrontarsi. E di farsi da parte per lasciare spazio alle nuove generazioni. Per estendere al massimo l’area dell’opposizione a Ugo Cappellacci nella speranza che la lotteria elettorale sia vincente. Ma soprattutto perché la nuova classe dirigente che dovrà costruire la Sardegna futura possa affermarsi e imporsi al più presto. Questo processo è necessario e indipendente dal risultato che uscirà dalle urne nel 2014.

Gli abitanti di Auronzo hanno fatto il callo alle scontate battute dei pigri rimatori. Si chiamano, orgogliosamente, auronzani. Noi come saremo chiamati?

Giovanni Maria Bellu

 

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