Fondazione, Bper, Sardaleasing: la “questione democratica”

Sono passati due mesi da quando su Sardinia Post due noti e stimati economisti sardi, Paolo Fadda e Antonio Sassu, cominciarono a manifestare forti perplessità sul passaggio della maggioranza delle azioni di Sardaleasing alla Banca Popolare dell’Emilia Romagna. Il primo intervento (di Sassu)  uscì il 17 aprile, quando sugli organi d’informazione isolani imperversava la tempesta degli emolumenti ai consiglieri regionali. Ma mentre a quest’ultima questione sono stati dedicati centinaia di interventi, sulla vicenda Sardaleasing è calato un silenzio tombale. Che è proseguito anche dopo il primo intervento di Fadda  pubblicato il 23 aprile, il secondo intervento, apparso il 7 maggio, e il terzo intervento, pubblicato il 20 maggio.

La questione Sardaleasing ha un “difetto mediatico”: è complicata. Mentre quella degli stipendi e degli emolumenti ai consiglieri regionali la si capisce al volo perché è molto semplice mettere a confronto i privilegi degli “onorevoli” con le normali condizioni lavorative dei cittadini normali, i problemi posti da Fadda e Sassu, per essere compresi fino in fondo, richiedono una certa conoscenza dei meccanismi societari e finanziari che regolano i rapporti tra le Banche e le Fondazioni.

E’ una di quelle questioni che in una certa misura riproducono, nel dibattito pubblico contemporaneo, lo squilibrio che esisteva quando ancora non c’era stata l’alfabetizzazione di massa. Quando, come sottolineava don Lorenzo Milani, i “poveri” dovevano prima di tutto acquisire le parole, il loro significato, per non essere tagliati fuori dalle decisioni più importati prese immancabilmente dai “ricchi”.

La verità è che non tutte le parole sono state ancora acquisite. In particolare quelle più complesse, che appartengono appunto al vocabolario delle banche e dei banchieri, un mondo dove il confronto avviene quasi esclusivamente  tra addetti ai lavori. Sarebbe compito delle forze politiche  fare in modo che anche questi problemi complessi entrino nel dibattito pubblico. Perché il fatto che siano noti a tutti è garanzia di trasparenza nelle decisioni.

Intendiamo dire che il silenzio  attorno al caso Sardaleasing pone un problema ulteriore e ancora più grave: un problema che riguarda l’effettività dell’esercizio dei poteri che la Costituzione attribuisce ai cittadini. Come se la Fondazione del Banco di Sardegna e il Banco di Sardegna fossero dei luoghi chiusi, impenetrabili, avulsi dal contesto democratico. E’ accettabile questo per le forze politiche appunto “democratiche”?

A maggior ragione se si considera che il problema, con un po’ di applicazione, può essere semplificato. Per esempio traducendolo in poche domande. Che proponiamo oggi, indicando i destinatari. Il primo è il presidente della Fondazione del Banco di Sardegna, ed ex senatore del Partito democratico, Antonello Cabras. La domanda è questa:

Risponde o no al vero che con l’operazione Sardaleasing la Banca Popolare dell’Emilia Romagna ha aumentato gratuitamente il suo patrimonio a spese della Fondazione Banco di Sardegna e, dunque, ha prodotto dei danni alla Fondazione e agli interessi legittimi di tutti i sardi?

Ricordiamo in proposito che l’intero patrimonio della Fondazione è, per legge, un bene originario della nostra comunità; che esso va gestito nel suo esclusivo interesse generale “rispondendone con i soggetti espressione di essa” nel rispetto dell’articolo 118 comma 4 della Costituzione; che, infine, l’amministrazione della Fondazione esercita una delega di quegli interessi pubblici regionali e del cui buon uso sia chiamata a risponderne.

Estendiamo la domanda anche all’attuale presidente del Consiglio d’amministrazione del Banco di Sardegna (dunque dirigente della Bper, oltre che predecessore di Cabras alla guida della Fondazione) Antonello Arru. Con un quesito integrativo:

E’ vero o no che i rapporti tra la Bper e la Fondazione risultano, alla luce di quanto avvenuto recentemente, squilibrati, e che (come sostenuto da importanti economisti) i banchieri emiliani – mentre hanno goduto, e godono tuttora, di importanti finanziamenti della Fondazione – hanno via via ridotto l’autonomia della banca sarda?

Per chiarire il senso di questa domanda ricordiamo che il “piano industriale 2012-2014” della Bper, necessario per porre termine alla crisi finanziaria della banca modenese, a giudizio di importanti economisti, pare essere stato redatto a esclusivo suo vantaggio e a spese soprattutto della banca sarda, la più ricca (per mezzi patrimoniali e strumenti gestionali) del gruppo. Con il suo 51% di controllo è stato concesso alla Bper di rilevare gratuitamente le partecipazioni del Banco di Sardegna, ricavandone anche le plusvalenze. Nel contempo, la Fondazione ha sostenuto le sue necessità finanziarie con l’acquisto continuo di sue obbligazioni per cifre milionarie.

Queste le domande. Che continueremo a riproporre periodicamente. Aggiungendone, se necessario, ulteriori. Come dicevano i latini, gutta cavat lapidem. La goccia scava la pietra. E’ sottinteso che i destinatari, e comunque tutti quanti si sentissero chiamati in causa, per rispondere (e magari per tranquillizzarci spiegando che tutte queste preoccupazioni sono infondate) avranno a loro disposizione tutto lo spazio che vorranno.

G.M.B.

 

 

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