Ecco perché Beppe Grillo ha conquistato il Sulcis

E’ stato un vero e proprio plebiscito a favore del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo nel Sulcis della grande crisi. Con punte del 37% alla Camera a Carbonia e Iglesias. Due centri urbani di poco meno di 30.000 abitanti ciascuno, la cui economia dipende e deriva dal polo industriale di Portovesme, quello dell’Alcoa chiusa, della Eurallumina, della ex Ila e di una miriade di piccole aziende di manutenzioni. In tutto, tra aziende principali e indotto, circa 2.500 lavoratori, oggi quasi tutti in cassa integrazione. Una vera e propria bomba sociale pronta ad esplodere.

Il motivo di questo grande risultato per la lista a 5 stelle lo hanno spiegato gli stessi lavoratori dell’Alcoa durante la trasmissione di Rai 2 L’ultima parola: “ Il nostro è stato un voto di protesta – ha detto Massimo Cara – contro una politica che ha la pancia piena e non capisce cosa vuol dire tirare vanti una famiglia con 800 euro al mese di cassa integrazione. Qui non è rimasto più niente, il lavoro ce lo hanno rubato da un giorno all’altro. Una fabbrica che produce utili, senza sovvenzioni dello Stato, ma che la politica italiana, inconcludente e distratta, di questi ultimi anni non è stata capace di preservare e rendere competitiva con misure legislative  sui costi dell’energia. L’unico che ha voluto parlare con noi, sentire le nostre ragioni, vedere e toccare con mano la disperazione, è stato Grillo. Ecco perché ha raccolto tutti quei voti”.

Dunque un voto di protesta, quello del Sulcis. Ma la realtà è ben più complessa. E liquidare questo risultato appunto come pura manifestazione di pura esasperazione sarebbe un grave errore. Perché le sue cause sono chiare: l’esasperazione è verso una politica-padrona, un collaudato sistema di potere, che si autoalimenta col voto di scambio, dove il precariato del lavoro è tenuto in vita dai potentati della politica locale.

Intere generazioni passate dai campi alle miniere. Lavori duri, dove in molti hanno anche perduto la vita. Dalle miniere, chiuse perché, si disse, divenute antieconomiche, lasciandosi dietro però le tracce della devastazione ambientale del territorio sfruttato, con centinaia di ruderi che nessuno vuole recuperare e montagne di veleni a cielo aperto, come quelle rosse di Monteponi, dichiarate dall’Unesco “patrimonio dell’umanità”, passando per la siderurgia delle moderne fabbriche di Portovesme che avrebbero dovuto ridare vigore ad una economia divenuta asfittica.

Il voto di scambio si è perpetuato per quarant’anni, durante i quali chi non accettava il sistema delle assunzioni clientelari aveva come unica alternativa l’emigrazione, poiché i potentati della politica locale non davano altra scelta. Ma ora non c’è più, o quasi, neppure il polo industriale di Portovesme. Anch’esso lascia dietro di sé le tracce ambientali del suo passaggio, un luogo che fu meraviglioso, dove le vigne arrivavano al mare, un mare smeraldo, fondendosi con esso e da cui traevano nutrimento, dando frutti stupendi. Tutto intorno enormi montagne di sabbia bianchissima.

Ecco perché Grillo ha vinto nella provincia più povera d’Italia. E anche una delle più belle. Gli abitanti del Sulcis sono allo stremo delle forze, della sopportazione, a causa della miopia di una classe politica dirigente attenta solo ai propri interessi. E’ arrivato il momento di ricostruire
un Paese devastato da piccoli uomini con grandi interessi personali. L’idea del bene comune deve riappropriarsi della propria identità e del proprio senso.

Tra i militanti 5 Stelle c’è un grande fermento. Neppure loro si aspettavano un tale e grande riconoscimento e, dopo un primo e comprensibile
momento di disorientamento, i tanti giovani che animano questo nuovo movimento politico si stanno organizzando e strutturando per tentare di
governare e ricostruire un territorio devastato, ma dalle enormi potenzialità. Un’occasione storica che sarebbe un peccato sprecare.
Carlo Martinelli

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