Massimo Donelli, giornalista e direttore sviluppo comunicazione Tv Mediaset, ama la Sardegna, dice, perché si sente a casa. Una carriera precocissima (a soli 13 anni già frequentava la redazione genovese de La Gazzetta dello Sport) attraverso quotidiani quali Il Secolo XIX, il Corriere d’Informazione, il Corriere della Sera, Il Mattino, La Notte, IlGiornale e Il Sole 24 Ore. E’ stato direttore dei periodici Fortune, Epoca, Tv Sorrisi e Canzoni, e condirettore di Panorama. Ha fondato Ventiquattore.tv e diretto Canale 5, La 5, Mediaset Extra e Mediaset Italia. Donelli, inoltre, è docente a contratto presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e l’Università della Svizzera italiana di Lugano.
Quando è stata la sua prima volta in Sardegna?
“Il 3 agosto 1978, avevo 24 anni e fui inviato dal Corriere della Sera per un servizio a Porto Pino sul problema dell’acqua potabile. E poi attraversai l’Isola in auto perché mi mandarono a Porto Rotondo e Porto Cervo. Indimenticabile. Son poi tornato nel 1990. Destinazione Capo Caccia. Amore a prima vista. Legame indissolubile. Posto unico. Da allora, la mia estate è lì, a Pischina Salida. Ho un piccolo appartamento e me lo godo tutto l’anno assieme a mia moglie e alle mie figlie, che in quella baia sotto il faro hanno trascorso da bimbe estati indimenticabili”.
Che cambiamenti ha visto da quei primi anni?
“Porto Rotondo e Porto Cervo sono peggiorate. Capo Caccia, invece, è intatto, splendido, protetto com’è all’interno del Parco naturale di Porto Conte”.
Ha fatto delle amicizie?
“Altroché. Di tanti generi e categorie: professionisti e ristoratori, giornalisti e bagnini. Gente che conosco e che frequento da oltre vent’anni. Posso dire di avere in Sardegna amicizie capaci, come l’olivastro, di resistere a tutto. Avete un carattere schietto e generoso, che somiglia a quello di noi genovesi. Della Sardegna mi piace la gente come il mare unico al mondo. E il cibo. Ho gustato su sambene e sa cordula. Il formaggio con i vermi, le panadas, i culurgiones, la pecora bollita e ovviamente l’aragosta alla catalana di Alghero… Beh, posso dire che per me essere in Sardegna è come essere a casa. Sono genovese, abito a Milano, ho vissuto a Roma e Napoli. Mi sento profondamente mediterraneo. E quando vado in barca sotto l’isola Foradada per me è il massimo”.
Ha visitato l’interno?
“Certo. Ho cenato in un ovile a Pattada. Ho pranzato in un bosco a Desulo. Ma quello che non dimenticherò mai è un viaggio in Barbagia in cui a mia figlia maggiore fu chiesto: “Che cosa beve signorina?”. Lei rispose: “Niente, grazie”. E le fu replicato: “In Sardegna niente non esiste…”. Proprio vero!”