“Il Governo non fa nulla per bloccare la vergognosa compravendita dei reperti della civiltà nuragica”: parole durissime quelle di Mauro Pili contro lo stato italiano, colpevole di non essere riuscito a contrastare il commercio illegale dei reperti archeologici dall’isola.
Pili porta avanti una battaglia giusta e sacrosanta, tanto più che nei Sardi si è risvegliato l’amore per Ia storia antica grazie anche alle statue di Monti Prama oggi restituite al pubblico e agli studiosi dopo un restauro decennale. Peccato che le affermazioni di questo strenuo difensore della civiltà nuragica siano corredate da un errore grossolano e superficiale: la statuetta sarda finita all’asta da Christie’s non è nuragica.
Sempre che gli esperti dimostrino che non si tratta di un falso, la Dea Madre della vendita fotografata e messa all’asta a New York è un bellissimo esemplare di arte prenuragica. Appartiene al periodo Neolitico Recente ed è identica alla statuetta di marmo trovata nelle campagne di Turriga a Senorbì, ben nota perché compare nell’etichetta del vino omonimo.
La Dea fu scolpita da qualche artigiano vissuto intorno al 3500-3000 a.C., periodo in cui gli archeologi collocano la Cultura di Ozieri, cioè una delle espressioni più alte e raffinate della civiltà sarda prenuragica: siamo lontani duemila anni dai nuraghi, secoli e secoli in cui la Sardegna ha conosciuto commerci e scambi, sviluppo sociale e politico, espressioni culturali nuove.
La storia antica della Sardegna non è solo nuraghi, bronzetti e guerrieri ma è una storia antichissima che ha raggiunto alti livelli artistici e architettonici ben prima di Monti Prama. Se gli stessi difensori dell’archeologia sarda collocano qualsiasi manufatto in una generica “civiltà nuragica” senza conoscere la storia dell’isola come possiamo sperare di difendere e dare valore alla nostra cultura?
Francesca Mulas