I calcinacci del Dettori e le macerie della scuola pubblica

Riflessione di MARINA SPINETTI su un incidente che sintetizza una tragedia nazionale.

Cade l’ennesima tegola sulla scuola sarda. E stavolta non è metaforica. Il crollo allo storico Liceo frequentato da Gramsci simboleggia con tragica ironia lo stato di abbandono dei nostri istituti

In un paese in cui una politica che rasenta la comicità affronta i problemi solo quando diventano tragedia, si farà finalmente strada l’idea che la risoluzione degli affanni della scuola italiana passa, innanzi tutto, per la valorizzazione anche strutturale della stessa e, particolare non secondario, per un impiego di risorse adeguate? Ho i miei dubbi. Anche perché la maggior parte dei politici che si occupano di scuola non ci mette piede da quando era studente.

Solo un quarto delle scuole è in regola con tutte le certificazioni di sicurezza e la manutenzione è ridotta al lumicino: lesioni strutturali in una scuola su dieci, distacchi di intonaco in una su cinque, muffe ed infiltrazioni in una su quattro. E mentre si annuncia la scuola 2.0, un terzo degli edifici è privo anche della più semplice aula computer e quasi la metà di laboratori didattici. Il 46% non ha una palestra al proprio interno, in un terzo dei casi i cortili sono usati come parcheggio.

Guardando i numeri presentati da Cittadinanzattiva nel “XI Rapporto su sicurezza, qualità e comfort degli edifici scolastici”, il binomio scuola e sicurezza sembra un obiettivo sempre più lontano. E non saranno certo risolutivi gli stanziamenti spot del salvifico “decreto del fare”. Accedere agli stanziamenti per l’edilizia è pressoché impossibile, perché il decreto è stato emanato in molte regioni la prima settimana di settembre e richiede agli enti locali di inviare progetti complessi e strutturati di ristrutturazione entro il 15 dello stesso mese, pena il mancato accesso ai finanziamenti. In Sardegna, è stato emanato il 12 settembre e gli enti locali hanno avuto solo 3 giorni di tempo per consegnare la documentazione alla Regione.

A sentire il sottosegretario Rossi Doria “servirebbe un Piano Marshall come nel dopoguerra”. A me non pare affatto però che la guerra dichiarata dalla politica alla scuola ormai da decenni sia terminata. Passi che le retribuzioni degli insegnanti non possano essere europee, ma sarebbe utile che, almeno, non ci cadessero in testa i soffitti.

Per non parlare poi di un’infinità di piccoli imprevisti quotidiani a cui spesso non si riesce a star dietro: vetri rotti, rubinetti che perdono, grondaie intasate, muri scrostati, porte che non chiudono, troppo freddo d’inverno o troppo caldo durante gli esami di luglio e settembre.
I riscaldamenti a tutt’oggi, ad esempio, sono ancora spenti, nonostante le temperature rigide (13 gradi interno classe, rilevazione a cura degli allievi della V Linguistico) ed io stamani, inforcando guanti vintage, parlavo dell’iperuranio ad una classe che sembrava un team di sciatori.

E pensavo che l’obiettivo neanche troppo nascosto è forse mettere una pietra sopra tutto questo: alla filosofia greca, alla maieutica e all’iperuranio, alla letteratura latina, alla poesia italiana da Petrarca a Luzi, al pensiero cristiano e a quello rinascimentale così vicini così lontani, ai poemi cavallereschi e agli angeli barocchi, all’idealismo tedesco e al simbolismo francese, a Chaplin e Bergman, Visconti e Fellini. Li vogliono tutti precipitati giù per le scale buie di una cantina fredda ed umida, tutti scaraventati alla rinfusa nel deposito degli oggetti perduti.

E pensavo anche che la vera rinascita per la nostra terra partirà non da aule consiliari ma da aule scolastiche finalmente sicure, pulite, riscaldate, attrezzate, e aperte tutto il giorno, tutto l’anno. Spazi di apprendimento, dialogo, confronto, riflessione, studio, musica, arte, attrezzati, fruibili agli studenti e al territorio.

Partirà da curricola flessibili, in grado di garantire, allo stesso tempo, un patrimonio comune di conoscenze e competenze culturali e di cittadinanza e, solo dopo, lo specifico di un segmento formativo o semi professionalizzante. Da percorsi formativi ad un tempo rigorosi ed esigenti, eppure progettualmente accoglienti per le fragilità (culturali, sociali, esistenziali); realmente capaci di offrire a ciascuno l’opportunità di risalire la scala sociale, di essere cittadino consapevole, lavoratore libero e responsabile, di contribuire allo sviluppo pieno della sua umanità e alla crescita di una società più giusta.

Si tratta di una prospettiva che richiede una rivoluzione umana, culturale, economica. Una prospettiva, nel concreto, faticosamente tentata in molte esperienze di base, ma scarsamente presente nell’orizzonte politico e del tutto assente nei provvedimenti legislativi di questi anni.

Marina Spinetti

 

 

Diventa anche tu sostenitore di SardiniaPost.it

Care lettrici e cari lettori,
Sardinia Post è sempre stato un giornale gratuito. E lo sarà anche in futuro. Non smetteremo di raccontare quello che gli altri non dicono e non scrivono. E lo faremo sempre sette giorni su sette, nella maniera più accurata possibile. Oggi più che mai il vostro supporto è prezioso per garantire un giornalismo di qualità, di inchiesta e di denuncia. Un giornalismo libero da censure.

Per ricevere gli aggiornamenti di Sardiniapost nella tua casella di posta inserisci la tua e-mail nel box qui sotto:

Related Posts
Total
0
Share