Stop&go e ristorazione, tutta una finta: Solinas non fa né ordinanza né leggina

Era tutta una finta, a ben vedere. Dopo giorni di versioni cambiate, come se i sardi si bevessero ogni bugia, Christian Solinas ha deciso di non fare né l’ordinanza né la leggina. In Sardegna tutto resta come il 25 ottobre ha deciso il Governo di Giuseppe Conte: bar, gelaterie e ristoranti chiudono alle 18. Nell’Isola non ci saranno cambi neppure sulla didattica a distanza, altra modifica paventata dal governatore. Nessun restrizione nemmeno sugli aerei e sul tasso di riempimento di autobus e pullman che sarebero dovuti confluire in una mini-ordinanza. Ma neanche quella verrà mai partorita.

Dunque dal 21 ottobre a ieri, quando il presidente ha scoperto le carte, i sardi sono stati presi in giro. Il giochetto delle versioni che cambiavano di ora in ora è durato dieci giorni, con la maggioranza di centrodestra che ha retto il moccolo al presidente, illudendo soprattutto il settore della ristorazione, sceso in piazza nella speranza di poter fare pressing e vedere concretizzate le irrealizzabili promesse di Solinas.

Ricostruiamo in questo articolo tutto il circo dei falsi impegni presi da Solinas, con l’aggravante di non aver fatto nemmeno uno straccio di comunicato per annunciare formalmente la marcia indietro. Il presidente si è limitato a darne comunicazione a La Nuova Sardegna, il giornale più vicino al governatore, ma l’Ufficio stampa della Regione non ha diffuso alcuna dichiarazione ufficiale. Soprattutto il capo della Giunta non ha sentito il bisogno di chiedere scusa ai sardi per la sceneggiata.

Tutto, come si diceva, è cominciato il 21 ottobre, quando Solinas aveva diffuso la prima nota nella quale c’era scritto che i contagi nell’Isola stavano aumentando per colpa dei sardi che “hanno abbassato la guardia“. Quindi il 22 ottobre ecco annunciato lo stop&go, ovvero un lockdown programmato. E infatti la strategia era di chiudere la Sardegna per quindici giorni. Il governatore aveva espressamente parlato di “interventi radicali per difendere al meglio il diritto alla salute”. In realtà, come ricostruito dal nostro giornale, il problema erano (e sono) gli ospedali pieni.

Il 23 ottobre, inspiegabilmente, filtrano i primi dubbi. Il capo della Giunta sarda non firma nulla. E col sennò di poi si è capito perché: Solinas viene informato che a Roma il Governo Conte sta preparando la stretta attraverso un nuovo Dpcm. La linea dell’Esecutivo nazionale, con il coprifuoco alle 18 per la ristorazione, si conosce quello stesso giorno. La bozza, invece, viene diffusa il 24 con tanto di conferenza stampa serale del premier. Il 25 ottobre c’è l’entrata in vigore del decreto.

A quel punto va in scena la magia tutta sarda: lo stop&go di Solinas, con le rampogne ai sardi, diventa ‘riapriamo tutto’. Il governatore, credendo ancora una volta di potersi beffare dei cittadini, indossa l’abito del salvatore della patria. Roma chiudeva e invece in Sardegna la manica larga, in nome dell’economia da tutelare.

Solinas però si era fatto i conti malissimo: il presidente non aveva calcolato che il Governo Conte non sono gli alleati sardi del centrodestra che si possono raggirare a piacimento. Da Roma il gioco di Solinas è stato smontato dal ministro per gli Affari generali, Francesco Boccia, che ha messo in riga tutti i governatori che prima di Solinas hanno fatto lo stesso teatrino. Ovvero recitato la parte dei ‘buoni’. È successo nelle province autonome di Trento e Bolzano e in Sicilia. Boccia, quindi, ha fatto sapere che avrebbe impugnato davanti al Tar le ordinanze contrarie alle disposizioni del Dpcm. È il 28 ottobre.

Si arriva così alla sera del 29, quando Solinas convoca alle 20,30 per le 21 una videoconferenza con i capigruppo di maggioranza e opposizione. Vista la mossa a sorpresa così clamorosa, la sensazione è che il capo della Giunta sarda voglia comunque forzare la mano e firmare lo stesso un’ordinanza illegittima. Del resto i suoi gli chiedono quello durante tutte le quattro ore di confronto. Invece quel vertice finisce col presidente che ammette la propria fuffa politica e l’inutilità di un provvedimento emanato in violazione del Dpcm.

Decisivi, in questo senso, sono i “no” delle opposizioni. Ovvero Progressisti, Pd, LeU e M5s che a Solins sbarrano la strada anche sulla possibilità di una leggina. Durante la videoconferenza del 29 prende infatti piede la possibilità di fare una norma sul modello della Sicilia e inserire lì la deroga al Dpcm sugli orari di chiusura di bar, ristoranti e gelaterie. Ma pure quella strada è un buco nell’acqua: un testo così pensato verrebbe immediatamente impugnato dal Governo perché in contrasto sul decreto legge su cui poggia il Dpcm, dando vita a un ricorso per incostituzionalità davanti alla Consulta. I quattro partiti dell’opposizione, in virtù di questa nuova presa in giro, si rifiutano di accettare la convocazione d’urgenza del Consiglio regionale, in base all’articolo 102 del Regolamento che obbliga all’accordo unanime per rendere valida la seduta. È il 30 ottobre.

Si arriva a ieri, il 31. Nel primo pomeriggio Massimo Zedda, il fondatore dei Progressisti, scrive su Facebook che la sceneggiata di Solinas è solo il tentativo di condizionare i ballottaggi dell’8 novembre. In serata il governatore fa sapere a La Nuova Sardegna che l’ordinanza non si fa. Nemmeno il mini provvedimento leggero. Adesso mancano solo le scuse di Solinas ai sardi.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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