Regionali, acque agitate nel ‘campo largo’. I Progressisti lanciano i nomi di Milia e Soru

L’accordo sulla contiana di ferro Alessandra Todde è blindato a livello nazionale ma la situazione nel campo largo del centrosinistra per le prossime Regionali non arriva a una schiarita. Da un lato la possibile corsa ‘solitaria’ di Renato Soru che spaccherebbe la coalizione e lo stesso Partito Democratico. Dall’altro i Progressisti, che fin dall’inizio hanno detto no a scelte calate da Roma e che ora sparigliano: al prossimo tavolo di coalizione sottoporranno agli alleati le candidature di Graziano Milia e dello stesso Soru. “L’unità della coalizione è imprescindibile – spiega all’Ansa Francesco Agus, capogruppo del partito in Consiglio regionale -, ma non deve essere confusa con un cartello elettorale tra simboli. I confronti pubblici e il coinvolgimento della società civile che sia Soru che Milia stanno ottenendo non possono essere ignorati dal tavolo. Il campo a cui parlano è omogeneo e forse anche più largo. Far finta di nulla e chiudersi solo in via Emilia sarebbe un errore epocale. Invece la coalizione deve poter valutare senza veti e pre-accordi”.

La scelta dell’ex sottosegretaria al Mise nel secondo Governo Conte è frutto di un accordo nazionale tra l’M5s e il Pd di Elly Schlein in vista delle prossime Regionali – Abruzzo, Umbria, Piemonte, oltre all’Isola – e non sarebbe in grado di allargare i consensi alla coalizione, come hanno evidenziato i sondaggi: non solo diversi elettori Dem sarebbero a disagio a votare una ‘grillina’ (e a quel punto l’alternativa Soru – nonostante l’indice di gradimento nei suoi confronti sia basso – si configurerebbe come una valvola di sfogo), ma la sua capacità di parlare anche agli elettori del centro e del centrodestra sarebbe poca, se non nulla. Mentre l’ipotesi Milia sarebbe in grado di intercettare voti anche dell’altro campo. È a questo a cui si riferiscono i Progressisti quando sottolineano la capacità di parlare a un campo “forse anche più largo”.

“Abbiamo sempre detto che la sintesi andasse ricercata in Sardegna, le primarie avrebbero fugato ogni dubbio – continua Agus -, abbiamo preso atto della volontà della coalizione di non farle, ma ora occorre accelerare. Il tavolo faccia le valutazioni in base ai criteri che si è dato e tenendo conto di tutte le possibilità in campo”. Nella partita, Pd volente o nolente, rientrano ormai anche le Comunali di Cagliari e Sassari. Gli esponenti democratici hanno subìto la mossa di Massimo Zedda (Progressisti) che ha avanzato la candidatura per guidare il capoluogo e si affrettano a dire che “prima dobbiamo vincere le Regionali”, viste anche come una sorta di primarie nell’analisi per il voto cittadino.

Intanto sabato si è fatto sentire anche Paolo Maninchedda dalla tribuna del suo blog, Sardegna e libertà. Ha attaccato il segretario regionale del Pd, Piero Comandini, per “la sua pretesa di risolvere i problemi con la furbizia e non con l’intelligenza”. Il post dell’ex assessore cerca di spiegare al leader dem quello che si sta profilando: ovvero che Soru “continua a dire che mette la sua candidatura a disposizione degli elettori del centrosinistra e contesta al Pd, in cui lui milita, di ignorare la sua disponibilità. Soru non impone la sua candidatura; chiede di misurarsi con le altre che fossero presenti nel mondo del centrosinistra. Soru, dunque, esige le primarie”. Ma dal momento che sono escluse dall’accordo coi 5s, il Pd avrà un problema: “Anche qualora si dovesse trovare una composizione tra il Pd e Soru, ci sarà una lista concorrente col Pd”. E in ogni caso – prosegue Maninchedda – se il Pd dovesse continuare a negare le primarie, “Lui si sente legittimato a presentarsi comunque perché, in quel caso non sarebbe stato lui a rompere il centrosinistra, ma il Pd a negarne l’unità”.

Non a caso il fondatore di Tiscali ha tuonato: “Non è accettabile che il candidato del centrosinistra in Sardegna sia frutto di uno scambio tra Pd e M5s con il Piemonte“. Ribadisce la sua volontà di candidarsi: “Dicono che qui non ci sono candidati, ma io mi sono candidato: mi sto proponendo innanzitutto ai partiti di centrosinistra e non credo di essere il solo candidato possibile – ha precisato -. Invito gli altri e le altre a candidarsi, a lasciare da parte i tatticismi, a farsi avanti con coraggio e mettersi in gioco dando ai sardi la possibilità di esprimersi e la responsabilità di scegliere”. Una autentica grana per i dem: insistere a oltranza sull’accordo nazionale sul nome della Todde significa spaccare sicuramente la coalizione, con un Soru intenzionato ad andare avanti comunque nonostante i sondaggi a lui sfavorevoli. E con un centrodestra molto più bravo a rimanere unito in occasione delle competizioni elettorali e una candidata che parlerebbe solo agli elettori del cosiddetto campo largo. E nemmeno a tutti.

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