Pd, Comandini segretario: ufficializzata la candidatura. Ma il partito si è diviso

Piero Comandini è ufficialmente candidato alla segreteria del Pd. Ma il 1° agosto, quando è convocata l’assemblea dem, rischia di non avere l’unanimità.

Adesso è ufficiale: Piero Comandini è candidato alla segreteria del Pd. Il nome del consigliere regionale è stato fatto nel direttorio di questa mattina dove, però, il partito è tornato a dividersi. Il rischio è che il 1° agosto, quando l’assemblea dem dovrà eleggere il nuovo leader, non ci sia il voto unanime.

Comandini, di area renziana, l’ha indicato l’ex minoranza congressuale, quella che a ottobre 2014 aveva scelto come segretario il senatore Ignazio Angioni, presente oggi insieme a Gavino Manca, altro esponente della massima assemblea sarda nonché fedelissimo del sottosegretario Luca Lotti. I soriani, invece, erano rappresentati da Pietro Cocco, capogruppo in Consiglio regionale, dal tesoriere Eliseo Secci e dall’ex sindaco di Villasimius Tore Sanna. Per la corrente Cabras-Fadda, cioè i popolari riformisti, c’erano l’ex presidente dell’Aula di via Roma, Giacomo Spissu, e l’ex consigliere Giuseppe Cuccu. Anna Crisponi, invece, ha partecipato ai lavori da portavoce degli ex civatiani de La Traversata.

È stata proprio la Crisponi a contestare per prima la scelta di Comandini segretario, visto che gli ex civatiani sono contrari ai doppi incarichi. Ma il nome del consigliere regionale non è piaciuto nemmeno ai popolari-riformisti perché il ruolo di leader, è stato il ragionamento fatto da Spissu, rischia di avvantaggiare Comandini alla prossima tornata elettorale in termini di consensi. Le due componenti, in alternativa, hanno proposto di affidare la segreteria a Giannarita Mele, la presidente uscente che fa sempre parte dell’ex minoranza congressuale, ma rispetto a Comandini non ha incarichi istituzionali e viene considerata più trasversale rispetto agli equilibri interni.

Il nome di Comandini, che invece piace pure ai soriani, non si tocca. La candidatura dell’onorevole non è sostituibile. Lo ha detto a chiare lettere lo stesso Angioni, un po’ contrariato per la bocciatura fatta dagli ex civatiani de La Traversata e dalla componente Cabras-Fadda. Tanto che Manca ha lavorato di cesello per non rompere il tavolo, ricordando che Comandini sarà un segretario a tempo, quel ribattezzato Epifani sardo che dovrà traghettare il partito sino al congresso del 2017. Un termine temporale che Spissu ha chiesto di definire con precisione, lasciando intendere che in caso di mandato di pochi mesi, ovvero giusto il tempo della campagna referendaria sulla legge costituzionale, i popolari-riformisti potrebbero convergere su Comandini.

In questo scenario incerto non si esclude che l’ex minoranza congressuale e i soriani votino Comandini in solitudine, rompendo quel percorso unitario continuamente cercato nel Pd dopo le dimissioni di Renato Soru a maggio. Ma di fatto sempre traballante, per via delle vecchie ruggini tra soriani e area Cabras-Fadda, alleate sì nel congresso del 2014 e poi di nuovo ai ferri corti dopo pochi mesi. Resta il fatto che l’ex minoranza e i soriani hanno i numeri per eleggere da soli Comandini: rispetto ai 160 dell’Assemblea le due componente controllano circa il 51-52 per cento dei voti. Per un altro verso l’area Cabras-Fadda ha messo nel conto di finire in minoranza, visto come è finita l’alleanza con Soru, dal quale presero le distanze già prima che l’ex segretario di dimettesse per via della condanna per evasione fiscale.

Anna Crisponi dice: “Abbiamo espresso contrarietà rispetto a Comandini perché il Pd deve tornare a fare politica, non si può soffocare il partito nelle stanze del Consiglio regionale”. Gli ex civatiani de La Traversata la loro contrarietà alla gestione del Pd isolano l’avevano già espressa in un documento diffuso lo scorso 28 giugno (leggi qui).

“Noi – sottolinea Giacomo Spissu – continuiamo a credere che andare subito a congresso, come chiedemmo due mesi fa, sarebbe stata la soluzione migliore. L’ex minoranza congressuale non fu d’accordo sostenendo che non ci sarebbe stato il tempo, visto il voto del 6 ottobre per il referendum costituzionale. Le urne invece si apriranno il 20 novembre, se tutto va bene. Significa che il segretario a tempo del Pd sardo non sarà chiamato a un incarico breve: il suo mandato durerà almeno sino alla prossima primavera e questo, a maggior ragione, ci dovrebbe obbligare a scegliere una figura di garanzia, come la presidente del partito. Il nome di Comandini non è che non va bene. Più semplicemente non corrisponde a quei requisiti che unitariamente erano stati concordati: si era detto di indicare un democratico che non rischia di essere un competitor delle prossime primarie né di altre tornate elettorali”.

Gavino Manca, tuttavia, non ha perso la speranze di arrivare a soluzione il più condivisa possibile: “Io spero – dice – che questi giorni di riflessione servano a non perdere quel patrimonio di intenti unitari a cui tutti abbiamo lavorato in questi mesi. E lo sostengo convintamente, visto che quello di Piero Comandini è un ottimo nome”.

La possibilità di un voto non unanime nell’assemblea del 1° agosto viene presa in considerazione perché l’alternativa è arrivare al commissariamento del partito, soluzione che i renziani per primi vogliono evitare. Non fosse altro che proprio col premier Matteo Renzi hanno preso l’impegno di trovare un accordo tutto sardo, anziché far gestire il partito a un democratico nominato da Roma.

Al. Car.
(@alessacart on Twitter)

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