APPELLO. Il Pd spalanchi le porte. Se non ora, quando?

 

Al di là del risultato, già di per sé inequivocabile, dell’ultima consultazione elettorale, tutte le rilevazioni sul grado di fiducia dei cittadini nelle istituzioni e nei soggetti collettivi sono concordi nell’affermare che il gradimento nei confronti dei partiti è precipitato a livelli sconfortanti.
Le ragioni sono tante, ma appaiono sintetizzabili nella percezione diffusa che i partiti siano sistemi chiusi, autoreferenziali, che bloccano, anziché stimolare e favorire, un’effettiva partecipazione alla loro vita e organizzazione interna.
Ciò vale anche per il PD nonostante il grande successo del meccanismo delle primarie per la scelta del candidato premier: momento straordinario di consultazione che ha creato aspettative subito mortificate e deluse dal processo di scelta dei candidati, troppo spesso imposti dall’alto, in palese contraddizione con gli esiti delle consultazioni territoriali.
Se si vuole cambiare davvero, rispondendo alle istanze sempre più pressanti che provengono dagli elettori, è pertanto in primo luogo sul meccanismo della forma partito che occorre intervenire, trasformando un evento una tantum (la consultazione del popolo delle primarie) in un processo davvero aperto a una partecipazione effettiva e, quel che più conta, continua. Lo si può fare immediatamente e facilmente utilizzando appieno gli strumenti di democrazia di cui il PD si è fortunatamente dotato: esiste l’albo degli elettori che certifica l’esistenza di oltre tre milioni di italiani che hanno concorso volontariamente a selezionare la classe dirigente dell’area politica nella quale si riconoscono. Si chiamino gli iscritti a quest’albo a partecipare direttamente con i loro interventi attraverso la rete – e non solo – alla scelta del partito che vogliono e dei temi che intendono inserire nell’agenda politica. Si inviti la nostra gente a prendere parte attivamente alle scelte da effettuare e alla vita della sezioni.

Questo è il primo e ineludibile passo per consentire al partito di uscire dalla logica delle tradizionali liturgie e di comprendere e interpretare il senso profondo e irreversibile di cambiamento che è stato impresso da questo inatteso risultato elettorale alla vita sociale e politica del paese
Siamo di fronte a un’Italia spaventata e impoverita, subissata da messaggi televisivi spesso confusi e insinceri, che ha deciso di ribellarsi, di dire basta, di pretendere un’ offerta politica più adeguata ai suoi bisogni e a un progetto di futuro vivibile.

In presenza di questi umori diffusi le classi dirigenti hanno trasmesso timidamente e senza la necessaria passione un messaggio di rinnovamento nella continuità che intendeva essere rassicurante, ma è stato percepito – a torto o a ragione, ma quel che conta è il risultato – come volontà di conservazione, tendenza a rallentare la velocità e a limitare il raggio d’azione e la profondità dell’innovazione, che deve invece essere rapida, estesa e incisiva.

La reazione a questo tipo di offerta che si è manifestata con il voto ha un significato evidente e univoco: occorre immaginare e progettare il futuro con altre teste, altre visioni, altri stili di pensiero, altri linguaggi, altre forme di comunicazione.

La classe politica ha fallito per la povertà di idee e di respiro, non ha saputo immaginare scenari alternativi e ha avuto il torto di dare per scontati e irrevocabili alcuni concetti, taluni principi, qualche teoria – anche, ma non solo, economica – la cui attendibilità e solidità vanno quanto meno vagliate e accertate.

In questo scenario, il voto al movimento di Grillo non può essere liquidato come un fenomeno di protesta come altri nel passato. L’entità del risultato conseguito e, soprattutto, le modalità con cui è stato acquisito dovrebbero indurre a riflessioni meno scontate e superficiali del rifugio nel solito ritornello del richiamo all’antipolitica: le piazze – un tempo non lontano nostre – colme di folle enormi, anche in condizioni climatiche sfavorevoli e quasi proibitive rappresentano un significativo attestato di voglia di partecipazione diretta dei cittadini a un evento politico e a un intero processo di maturazione delle scelte da effettuare e delle decisioni da assumere per il futuro del paese.
Quelle folle stavano facendo politica, si occupavano della cosa pubblica con passione e determinazione, recandosi in piazza per testimoniare con la loro partecipazione la voglia di imprimere un cambiamento radicale e non più rinviabile a questo paese vecchio, stanco, pigro e senza sogni.

Il Pd ha la possibilità di recuperare e accrescere i propri consensi solo se la smette di guardare dall’alto e con malcelato fastidio – quasi si trattasse di meri incidenti contingenti o capricci della storia – alle indicazioni e agli avvertimenti che sono giunti inequivocabili da questa tornata elettorale e comincia a dare – a partire dalla propria organizzazione e struttura interna – un segnale chiaro di volontà di cambiamento.

Michele Schirò: studioschiro@gmail.com
Silvano Tagliagambe: sil.tagliagambe@gmail.com

 

 

 

 

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