Accantonamenti, la Regione si rifiuta di pagare. Governo Conte: “Soldi dovuti”

“Truffati dallo Stato, ora serve una mobilitazione di tutti i parlamentari sardi”. Lo dice l’assessore regionale alla Programmazione, Raffaele Paci, che attacca il governo Conte sulla questione degli accantonamenti, cioè le risorse che Roma trattiene alle regioni a copertura del debito pubblico nazionale. Il braccio di ferro è cominciato il 10 ottobre scorso quando il governatore Francesco Pigliaru, insieme allo stesso Paci, aveva annunciato la decisione di non pagare le maggiori quote di accantonamenti previste per la Sardegna con le Leggi di stabilità approvate degli esecutivi Renzi e Gentiloni, per un totale di 479 milioni, non inseriti infatti nella manovra 2019. Una posizione che la maggioranza di centrosinistra ha ufficializzato in una conferenza stampa di fine ottobre (leggi qui). Di qui la decisione della giunta Pigliaru di scrivere al premier Conte per aprire una nuova nuova trattativa regionale e ottenere una riduzione degli importi.

Ma il Governo “ha tirato dritto” – ha denunciato Paci – prevedendo che la Sardegna paghi tutti gli accantonamenti dovuti, pari a 536 milioni (secondo il ricalcolo dello Stato), compresi i 285 milioni che Pigliaru e Paci avevano annunciato di non versare per il 2019. “Si tratta di una furbizia inaccettabile – attacca l’assessore alla Programmazione -, soprattutto considerato il silenzio assoluto seguito alle nostre numerose richieste di incontro per avviare trattative verso una nuova intesa”. Paci parla di mossa “scorretta e politicamente sleale, perché ci impone prelievi non più dovuti e ci sottrae risorse indispensabili per le nostre politiche di sviluppo”.

Entrando nel merito della manovra nazionale, il titolare della Programmazione spiega che “il Governo, nell’articolo relativo agli accantonamenti, il numero 63, richiama la necessità di raggiungere un’intesa e di tenere conto delle sentenze della Corte, specificando però che deve essere comunque garantito il contributo totale da parte delle Regioni a statuto Speciale, ovvero 2 miliardi e 376 milioni. In pratica – chiarisce l’assessore – il Governo ci dice: ‘cara Sardegna, possiamo trovare una nuova intesa che riduce i tuoi accantonamenti solo se un’altra Regione accetta volontariamente di aumentare i suoi, perché il totale finale deve essere quello”.

All’articolo 63 fa riferimento anche l’ex senatore e presidente di Campo progressista Sardegna, Luciano Uras, sottolineando come “l’obbligo ad un contributo annuo di 536 milioni per tre anni, rada al suolo le possibilità di manovra della Regione sul proprio bilancio”. Da qui l’appello per una azione combinata nell’Isola tra istituzioni, forze sociali ed economiche, ha proposto Uras in una nota diffusa ieri.

Sulla decisione del Governo arriva anche la protesta di Franco Sabatini, presidente della commissione Bilancio del Consiglio regionale. “Questo – scrive in una nota – è l’ennesimo affronto messo in atto da uno Stato patrigno e mal disposto. È stato chiaro fin da subito che, per questo Governo nazionale, la Sardegna è una regione di serie B”.

Dura la presa di posizione del capogruppo dei Riformatori Sardi per l’Europa in Consiglio regionale, Attilio Dedoni: “Ciò che sta accadendo oggi è conseguenza diretta dell’accordo Paci-Padoan del 2014, con cui la Regione ha lasciato campo libero al Governo perché disponesse a proprio piacimento dei soldi dovuti alla nostra Isola. Fintanto che erano in carica gli esecutivi di Renzi e Gentiloni, la Giunta regionale non ha trovato alcunché da obiettare”.

Paolo Truzzu e Gianni Lampis, consiglieri regionali di Fratelli d’Italia parlano di “lacrime di coccodrillo di Pigliaru e Paci”. “È strano questo voler andare alla guerra con un’arma sputata contro il governo attuale da parte di chi ha iniziato il suo mandato rinunciando ai ricorsi davanti alla Consulta sulla vertenza entrate e perdendo quindi milioni di euro dei sardi”, sottolinea Truzzu. “Questo furore autonomista è tardivo e anche decisamente opportunista a quattro mesi dalle elezioni, ma i sardi hanno buona memoria e non si faranno fregare come credono loro”, commenta Lampis.

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