In otto anni (dal 2011 al 2019) il consumo in Italia si era progressivamente ridotto. Nel 2020 complice la pandemia e il lockdown si è assistito a un’inversione di tendenza. Così il latte, vaccino e ovino, da solo o con i suoi derivati, è tornato protagonista sul mercato.
A livello globale i maggiori consumatori sono gli europei, in particolare i popoli del Nord, fa sapere Assolatte in occasione della Giornata mondiale del latte (World Milk Day) istituita da Fao e Nazioni Unite per valorizzare si all prodotto in sé che tutto il settore lattiero-caseario a livello globale.
Scorrendo la classifica del consumo annuale pro capite, si scopre che svettano gli estoni (121 kg a testa) seguiti dagli irlandesi (con 113 kg), finlandesi (104 kg), inglesi (97 kg), danesi (80 kg), austriaci (74 kg) e svedesi (74 kg). E il settore lattiero caseario in Europa è il secondo per dimensioni e fatturato nell’ambito della produzione agricola. L’Italia ha un andamento peculiare. Se, infatti, il consumo annuale pro capite di latte alimentare è calato fino al 2019, nell’ultimo anno (complice il lockdown), si è assistito ad un incremento nell’acquisto di molti prodotti caseari, tra cui il latte fermentato e lo yogurt.
La Giornata mondiale del latte è anche l’occasione per fare il punto sullo stato dell’arte del comparto lattiero-caseario (in particolare ovino) che negli anni scorsi in Sardegna è arrivato a essere protagonista di tavoli ministeriali dopo le lotte eclatanti degli allevatori sardi, che ancora portano dietro strascichi giudiziari per i blocchi stradali durante le proteste e gli sversamenti di latte.
Allora, come oggi e come sempre, tutto ruotava intorno al prezzo pagato agli allevatori per ogni litro di latte venduto ai trasformatori (industriali o cooperative) perché producessero il formaggio (Pecorino Romano in primis) destinato al mercato e soprattutto all’export. Nel 2019 all’alba delle proteste (nel mese di febbraio esplose il malcontento con i primi assalti ai caseifici e alle autocisterne che trasportavano latte) il prezzo era calato vertiginosamente sino a 60 centesimi al litro. Una vergogna per gli allevatori che, grazie ai social, si mobilitarono per arrivare a un euro al litro.
La protesta, nata a ridosso delle elezioni regionali, ebbe particolare risonanza mediatica a livello nazionale e venne seguita in prima persona dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, che si impegnò, con il ministro dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio, a portare il prezzo del latte da 0,60 centesimi a 1 euro. L’accordo fu trovato dopo vertici e tavoli notturni, a Sassari e a Roma.
LEGGI ANCHE: Latte, il prezzo è destinato a crescere: lo decide il mercato (e non la politica)
Il nodo stava tutto nel mercato, quello del Pecorino Romano su tutti, e poi Pecorino sardo e Fiore sardo. Allora il Romano veniva venduto su tutte le piazze a una media di 5,40 euro al chilo, il prezzo più basso dopo anni in cui aveva oscillato tra i 7,5 e i 10 euro al chilogrammo.
Oggi, con un valore del Romano che si attesta sugli 8,40 euro e quasi doppia il prezzo di due anni fa, la situazione è decisamente diversa, come racconta anche Gianni Maoddi, dell’omonima azienda di Nuragus, nuovo presidente del Consorzio di tutela del Pecorino romano Doc, dopo l’era di Salvatore Palitta, che ha lasciato nel mese di settembre scorso.
LEGGI ANCHE: Pecorino romano, perché il prezzo cala. E in Sardegna si mangia il parmigiano
“La situazione del 2019 è nata in un momento in cui le giacenze di magazzino erano importanti e l’invenduto aveva fatto crollare i prezzi sul mercato – ricorda Maoddi -. Oggi la situazione è migliore, abbiamo iniziato la nuova produzione venti giorni fa (per poter immettere le prime forme a stagionatura 5 e 6 mesi sul mercato a dicembre, ndr) e dal 2020 non ci sono giacenze“. Un punto di partenza ben diverso da quello del 2019. Tanto che oggi gli industriali pagano il latte, stando ai dati forniti dal Clal, a una media di 85 centesimi al litro. Ma nell’Isola il mondo della cooperazione fa di più e sta arrivando a versare ai pastori-soci conferitori, anche 1,12 euro al litro.
“La nuova produzione secondo i dati raccolti da ottobre 2020 e aprile 2021, ma che ancora deve terminare – spiega il presidente del Consorzio – vedrà un incremento finale tra il 9 e 10 per cento rispetto a quella della passata campagna. Fino a oggi abbiamo un aumento di 23mila quintali e un totale di 232mila quintali (lo scorso anno erano 209mila in totale). Stimando le cifre fino alla fine della produzione e tenendo conto del calo peso perché si tratta di un prodotto in pasta si otterrà una produzione finale di circa 340mila quintali (il 9-10% in più dello scorso anno)”.
Proseguendo la filiera del latte – conferito dagli allevatori e trasformato in Romano dalle aziende – si arriva alla vendita, da cui deriva il prezzo pagato ai pastori (attraverso i conguagli di fine anno). “Ogni mese sul mercato estero si vendono al momento circa 25mila quintali al mese di formaggio – spiega Maoddi -, principalmente in Italia, poi gli Usa (110mila quintali), l’Ue, il Canada, il Giappone ecc.”. Questo significa che se in totale la nuova produzione si attesta al netto su circa 310mila quintali, “in 13 mesi perciò la produzione dovrebbe essere completamente venduta sul mercato”.
Tutto ciò vale se la situazione del mercato resta quella attuale, il problema viene a galla quando sul mercato restano le eccedenze, cioè quando il prodotto non viene venduto perché magari non incontra più i gusti. “Quando c’è un eccesso di produzione tutti gli attori che contribuiscono a questo mercato devono sapere che ne saranno coinvolti in qualche modo”, spiega il responsabile del Consorzio.
Come è successo due anni fa: “Gli errori sono stati diversi e da entrambe le parti, quelli degli industriali sono stati fatti per mancanza di risorse e a volte difficoltà di gestione – spiega Maoddi -: non dimentichiamoci che erano costrette a vendere il formaggio a prezzi bassissimi, con il fiato sul collo delle banche e i bilanci al collasso”.
Ma per il presidente in questi due anni qualcosa è cambiato, come la situazione finanziaria di molte aziende, che è migliorata. “Tutti hanno capito la lezione”.
Marzia Piga