Matteo Salvini ha rilanciato. Al tavolo sul pecorino in corso a Roma, il ministero dell’Interno ha proposto ai pastori sardi di essere pagati 70 centesimi al litro, contro i 60 attuali. Ma dagli allevatori dell’Isola è arrivato un seccco “no”, di fatto il secondo della serata al Viminale, dopo che il capo della Lega aveva messo sul piatto 24 milioni di euro per pagare le eccedenze di pecorino. Ma siccome le forme non vendute sono proprietà degli industriali e non dei pastori, questi ultimi hanno respinto la proposta. Anche per per una seconda ragione: il conseguente aumento del prezzo del latte che si ricaverebbe ‘smaltendo’ le eccedenze di pecorinno, non sarebbe direttamente controllabile dagli allevatori. Di qui il “no” a Salvini.
Lo stesso ministro, nel corso della trattativa, ha ammesso che i soldi per le eccedenze non avrebbero effetti immediati, ma dopo tre o quattro mesi. “È chiaro – ha detto che i benefici economici” sul ritiro del formaggio non venduto “hanno bisogno di almeno novanta giorni per dispiegarsi. Ma fra tre mesi arriveremo a un euro”.
Sui social, dove le notizie sulla trattativa al Viminale sono seguitissime, il commento che più spesso viene ripetuto riguarda il fatto che Salvini, in mattina, durante una diretta su Facebook aveva detto che “il prezzo giusto” doveva essere “un euro” e non si sarebbe “alzato dal tavolo sino alla firma di un accordo”.
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