Strage di Tempio, ritorna la pista dell’usura

Era stato il primo movente ipotizzato. E ora, nelle indagini sulla strage di Tempio, gli inquirenti tornano a percorrere la pista dell’usura. Ma come pista autonoma della quale la tragedia della famiglia Azzena è solo l’innesco. In sostanza, nelle indagini attorno alle relazioni economiche tra Angelo Frigeri, l’uomo accusato del triplice omicidio, e i coniugi Azzena, sono emerse carte e appunti che confermano l’esistenza di un’ intensa attività di prestiti, compravendite, affari con altre persone. Un’attività che è apparsa poco compatibile con le condizioni economiche non particolarmente floride nelle quali gli Azzena si trovavano.

Questo non significa che nell’inchiesta principale sia rientrato il movente dell’usura. La strage – per le sue modalità feroci quanto improvvise – continua a essere, nell’ipotesi degli investigatori, un atto d’impeto: la degenerazione di una discussione attorno alla compravendita e al possesso dell’auto di Frigeri. Compravendita – ed è questa la novità – che sarebbe stata solo una delle attività di movimento di somme di denaro svolta dagli Azzena anche con altri compaesani. Non è chiaro se la scoperta di questi piccoli affari abbia determinato l’avvio formale di una “inchiesta bis”. Di certo alcuni compaesani degli Azzena sono già stati sentiti dagli inquirenti come persone informate sui fatti.

Si tratta di tempiesi i cui nomi compaiono a vario titolo nella documentazione trovata nella casa e nel negozio delle vittime della strage: come firme in assegni post datati, in scritture private. Un quadro che riporta all’usura. Ma con i soldi di chi – è la domanda – se gli stessi Azzeni erano in difficoltà? Il dubbio da sciogliere è se esistesse un “finanziatore occulto”, cioè una persona che, non volendo “sporcarsi le mani”, metteva a disposizione il denaro necessario per i prestiti lasciando agli Azzena, che erano a sua volta suoi debitori, l’incarico di gestire i singoli piccoli affari.

Le persone sentite non hanno alcun collegamento col delitto. Tutte le risultanze scientifiche continuano a confermare che Frigeri ha agito da solo. E la logica esclude che possa aver compiuto la strage su mandato di altri. Ma nel comportamento di Frigeri dopo il delitto c’è un atto stranissimo, per certi aspetti inspiegabile, ma documentato con certezza dalle videocamere.

A un certo punto, nel primo pomeriggio del 17 maggio, appena la strage di è consumata, Frigeri esce dall’appartamento, entra nel sottostante negozio degli Azzena, ed esce poco dopo tenendo tra le mani dei fogli di carta. Perché l’ha fatto e cosa contenevano quegli appunti? L’ha fatto per depistare? Oppure quando si è presentato nella casa degli Azzena per il ‘chiarimento’ poi degenerato in strage era portatore, oltre che delle proprie rimostranze, anche di quelle di altri?

A parlare dell’avvio di una vera e propria “inchiesta-bis” è l’Unione sarda oggi in edicola che riferisce di una persona, un tempiese, sul quale si è in questi giorni concentrata l’attenzione degli inquirenti. Anche questa persona – che avrebbe dato “evidenti segni di disagio” – è totalmente fuori dalla scena del delitto. Ma avrebbe avuto stretti rapporti sia con gli Azzena, suoi vicini di casa, sia con Frigeri, e sarebbe stato a conoscenza dei problemi sorti tra loro. In particolare “era consapevole della gravità della situazione nei giorni immediatamente precedenti la strage”.

N.B.

 

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