La strage di Tempio, si delinea il movente: una Golf e una cena in pizzeria

Non è ancora ufficiale, ma il movente della strage della famiglia Azzena pare essere stato ormai individuato. E’ quello che si era delineato fin dalle prime ore dell’indagine: una lite attorno all’uso dell’auto di Frigeri e alla promessa, fatta dagli Azzena, di curarne la vendita.

Che la questione della Golf Gt nera fosse diventata per Frigeri un assillo era emerso quasi subito. Ma appariva troppo futile davanti all’enormità della tragedia. E poi c’era il dubbio, accreditato dal gip nella sua ordinanza, della presenza di complici nella scena del delitto. Una circostanza incompatibile con un movente così banale e personale.

Ma la presenza di complici è stata esclusa. I filmati delle videocamere sono stati analizzati fotogramma per fotogramma e si è arrivati alla certezza che solo Frigeri è entrato nell’appartamento degli Azzena. Tutte le altre persone che compaiono nei video sono state individuate e sono risultate del tutto estranee al delitto.

L’incredibile storia della strage di Tempio – secondo una ricostruzione che appare oggi su La Nuova Sardegna – comincia tre settimane fa quando Frigeri – che ha bisogno di denaro – chiede agli Azzena di occuparsi della vendita della sua macchina. Raggiunto l’accordo, la vettura viene presa in consegna dagli Azzena. Che la utilizzano. Passa il tempo e la vendita non va in porto. Frigeri comincia a essere nervoso. E’ sempre senza soldi e, in più senza la macchina. Deve usare il motorino e, ogni tanto, la Toyota Yaris che gli Azzena gli mettono a disposizione.

Spostiamoci ora ai momenti immediatamente successivi alla strage. Frigeri ha appena assassinato tre persone. Ma una delle sue prime preoccupazioni è riprendere possesso dell’automobile e portarla all’autolavaggio. Poche ore dopo, a bordo della fiammante Golf Gt, va a prendere una ragazza con la quale aveva stabilito di trascorrere quel sabato sera. Va in pizzeria. La mattina dopo è tra i curiosi che osservano l’andirivieni degli uomini del Ris nella casa della strage.

Elementi noti da subito. Che delineavano una storia di agghiacciante banalità. Lo storia di un uomo già esasperato per il continuo tergiversare sulla vendita della sua macchina che decide di riprendersela perché ha un appuntamento con una ragazza. Così si reca nell’abitazione delle persone che la detengono. E la discussione degenera.

Tutto fa pensare che la lite sia scoppiata tra Frigeri e Giulia Zanzani. Non solo perché – in una delle sue innumerevoli e contraddittorie “confessioni” – l’assassino ha detto di aver colpito per prima la donna. Anche perché era la Sanzani il suo principale interlocutore nella famiglia Azzena. Si conoscevano da anni, forse tra loro c’era stata una storia, si scambiavano in continuazione messaggini telefonici ed era lei la proprietaria della Yaris che gli era stata messa a disposizione alla stregua di un’auto di cortesia.

A un certo punto Frigeri perde il controllo e colpisce la donna con un corpo contundente. Questo oggetto non è stato ancora trovato. Non si sa se Frigeri l’abbia buttato da qualche parte o se già si trovasse nell’abitazione e l’abbia quindi pulito e rimesso a posto. O se l’abbia nascosto nella casa del padre. Che ieri è stata posta sotto sequestro per consentire alla Scientifica di effettuare i rilievi e le ricerche.

Non è impossibile, se si è in preda a una furia incontenibile, sopraffare una donna, un uomo e poi un bambino. L’idea che necessariamente dovessero esserci dei complici non ha alcuna base logica né scientifica. Frigeri tramortisce la donna, poi l’uomo e li strangola. Gli resta solo un bambino. Che forse rientra a casa da scuola e trova i suoi genitori già morti. I particolari sull’ultima fase dell’azione omicida sono terribili. E probabilmente sono la causa della rinunzia alla difesa dell’assassino da parte di quattro avvocati uno dopo l’altro.

N.B.

 

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