Omicidi di Orune e Nule, dopo condanna ex minore va a processo anche cugino

Uno sta già scontando in carcere la condanna a 20 anni, l’altro dovrà comparire in Corte d’assise a Nuoro il 3 luglio prossimo: si chiude il cerchio sui presunti assassini di Gianluca Monni e Stefano Masala, i due giovani di 19 e 29 anni, il primo di Orune (Nuoro) il secondo di Nule (Sassari), uccisi tra il 7 e l’8 maggio del 2015 nel quadro di una spietata vendetta di cui – secondo il tribunale dei minori di Sassari e il Gup di Nuoro – si sono macchiati Paolo Enrico Pinna, all’epoca 18enne, e il cugino Alberto Cubeddu. Il ragazzo è detenuto nell’istituto penitenziario di Quartucciu: ha subito dal tribunale il massimo della pena, 20 anni appunto, in un processo con rito abbreviato a carico di un minore. Lui continua a professarsi innocente, ne sono convinti anche i suoi genitori: disperati, dopo il verdetto non si danno pace. Il destino di Cubeddu è altrettanto segnato: rinvio a giudizio con la pesante accusa di concorso in duplice omicidio premeditato.

Lo screzio e la vendetta

Tutto inizia il 13 dicembre del 2014 a Orune, nel corso della manifestazione “Cortes Apertas”, con una rissa scoppiata tra orunesi e nulesi in trasferta. In quell’occasione Paolo Enrico Pinna, ancora minorenne, ha infastidito la fidanzata di Monni, che ha reagito picchiandolo. E quando Pinna ha puntato una pistola contro lo studente, gli amici di quest’ultimo lo hanno disarmato, pestato con violenza e umiliato. Per mesi Pinna e il cugino Cubeddu avrebbero pianificato la vendetta, arrivata la mattina dell’8 maggio 2015 mentre Monni aspettava il pullman per andare all’Istituto professionale di Nuoro, dove frequentava la quinta classe.

Secondo l’accusa, la sera prima dell’omicidio i due cugini hanno contattato con un pretesto Stefano Masala: volevano la sua auto per raggiungere Orune e far ricadere la colpa dell’omicidio di Monni su di lui. E per farlo – questa la ricostruzione del tribunale di Sassari e del giudice di Nuoro – hanno deciso di ammazzare subito, la sera del 7 maggio, anche Masala, occultando il corpo – mai più ritrovato – e prendendogli l’auto con cui l’indomani sono andati a Orune e da cui hanno esploso le fucilate mortali contro lo studente. Una vettura risultata fondamentale per l’accusa: c’è infatti un supertestimone che conferma di aver incendiato la macchina insieme a Cubeddu dopo l’omicidio ad Orune. Subito in salita le indagini: un clima di omertà non ha favorito il lavoro degli inquirenti che arrivano a una svolta solo dopo un’anno dall’apertura dell’inchiesta. Nel maggio 2016 per i due cugini si aprono le porte del carcere. Un mese fa il tribunale dei minori di Sassari condanna Pinna e ieri è arrivato il rinvio a giudizio per Cubeddu: per la Procura di Nuoro è lui l’esecutore materiale dell’omicidio dello studente. Dopo la decisione del Gup, la madre di Gianluca Monni, Rita Caddeo, è scoppiata in lacrime ma non ha detto una parola. Ha parlato, invece, visibilmente commosso, il padre di Stefano, Marco Masala: “Tutto sta andando come doveva andare, purtroppo manca solo una cosa: una tomba per piangere mio figlio che continueremo a cercare senza sosta”. Nessun commento da parte dei familiari di Pinna e Cubeddu, che hanno seguito l’udienza fuori dall’aula. Sguardi cupi e tanta tensione tra le famiglie dei due cugini che ormai non si parlano più.

Maria Giovanna Fossati – ANSA

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