LA STORIA. Sheruan: la fuga dalla guerra in Iraq, l’integrazione in Sardegna

Ho vissuto in mezzo alla guerra per anni, in Iraq ho visto la morte in faccia, Cagliari è la città che ho sempre sognato”. Aveva solo 19 anni Sheruan Khalaf Abbo quando, durante il suo esame di maturità ha deciso di lasciare il suo paese. Era talmente tanta la voglia di avere un diploma in tasca che quel giorno è dovuto scappare per andare a sostenere l’esame che gli avrebbe consentito di conseguire quel titolo tanto atteso, ma il padre l’aveva avvisato: “Oggi non esci, è pericoloso”. Aveva ragione. Giusto il tempo di consegnare il suo documento d’identità e sono iniziati i bombardamenti. Sono passati dieci anni da quel giorno, ma alla soglia dei 30 anni Sheruan con i ricordi rivive ancora quei momenti di terrore.“Sono stati momenti difficilissimi, ho finto di essere morto, poi con la scusa di andare in vacanza sono scappato”.

LA VIDEO INTERVISTA

Ha viaggiato per mesi e mesi, vivendo anche in mezzo alla strada, perché il suo sogno era quello di avere un futuro migliore, lontano dalla guerra. Turchia, Roma, Bolzano, poi la Germania, ancora di nuovo in Italia, a Varese, per richiedere asilo politico, dopo un mese è arrivato in Sardegna. “Era il 22 agosto del 2008,  sono stato tra i primi ad arrivare allo Sprar di Cagliari”- racconta il ventinovenne iracheno- “sono rimasto un mese, poi ho iniziato a lavorare”. Da quel giorno la vita di Sheruan è cambiata radicalmente: ha iniziato a distribuire i giornali in spiaggia, ma nel frattempo ha trovato più di un’occupazione. Un lavoro in un ristorante come lavapiatti, poi è diventato aiuto-cuoco, cuoco e infine pizzaiolo. Ma non solo, tutt’ora riesce anche a tagliarsi uno spazio per aiutare gli altri: “Faccio volontariato come interprete al Microcitemico di Cagliari”.

Nel corso degli anni per lui è arrivato anche l’amore, la sua fidanzata è sarda e vivono insieme da circa un anno. Sono tanti i progetti per il futuro e la voglia di migliorare sempre:” Sogno di aprire un locale tutto mio”. Ma una parte del suo cuore è rimasta in Iraq, ogni giorno pensa alla sua famiglia e ai terribili momenti che stanno vivendo: “L’Isis continua a bombardare, un giorno mi hanno chiamato alle tre del mattino dicendomi che stavano morendo, sono riusciti a salvarsi rifugiandosi in montagna per un mese”. Da dieci anni Sheruan non vede i genitori e i dodici fratelli, li sente ogni giorno, ma la situazione è drammatica. La madre e il nipotino di undici anni stanno molto male, ma in Iraq allo stato attuale non si può neanche diagnosticare una malattia. “Mia madre soffre di cuore, mio nipotino dimagrisce a vista d’occhio e non è neanche più in grado di frequentare la scuola, ma nessuno riesce a diagnosticare la sua malattia perché non sono rimasti più medici, sono tutti scappati”. E neanche di fronte ai problemi di salute si riesce a lasciare l’Iraq: “L’ambasciata italiana, nonostante il nullaosta italiano, non ha intenzione di farli partire, vorrei portare mio nipote qua per prendermi cura di lui, la cosa peggiore che esiste è vedere una persona che sta male e non poterla aiutare”.

Monica Magro

 

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