La sindaca di Fonni: “Barbagia violenta? Se ci vedono così è anche colpa nostra”

“Ci risiamo: stereotipi, pregiudizi, scuse, indignazioni. Ci risiamo ancora, il pregiudizio è lì, dietro l’angolo. Che sia fatto o no con leggerezza, al ‘Ti sbatto in Sardegna’ non si scappa'”. Inizia così lo sfogo di Daniela Falconi, sindaca di Fonni in carica da poco più di un mese.

Dalla stanza del suo ufficio comunale, nel centro del paese, commenta  l’infelice frase che un giornalista di Repubblica ha affidato alle pagine del suo quotidiano scatenando una bufera di polemiche e critiche: “Non sale dalla profonda Barbagia il racconto del maltrattamento dei piccoli alunni. Tocca Roma, Grosseto, Pisa, Bolzano”, le parole pubblicate oggi su Repubblica a proposito di recenti episodi di maltrattamenti su bambini in Italia.

L’articolo, riveduto e corretto nella versione on line del quotidiano ma integro nelle pagine cartacee in edicola, ha suscitato una valanga di critiche contro giornalista e direttore. Il tema ‘Barbagia’ era addirittura tra i più discussi oggi sul social network Twitter. Tantissime le richieste di scuse (arrivate intorno a mezzogiorno dal direttore Mario Calabresi e dal cronista Corrado Zunino), qualcuno ha anche invitato i comuni barbaricini a muoversi legalmente con una denuncia per diffamazione.

“Con l’indignazione non ne veniamo a capo, e con le denunce neppure – commenta Daniela Falconi dal cuore di quella ‘Profonda Barbagia’ chiamata in causa dall’articolo incriminato – Quello che mi interessa, al di là della mia e nostra più che legittima indignazione, è riflettere su una cosa: perché ci vedono così?”

I paesi della Barbagia vengono percepiti come violenti, arretrati, duri, propensi alla delinquenza, nota la sindaca. “Poco importa se da qui sbraitiamo che trattasi di luoghi comuni, di razzismo. Sappiamo benissimo che non è così, ma la percezione che moltissimi hanno verso ‘di noi’ è questa. Negarlo sarebbe un atto di ipocrisia”.

Appurato questo, riflette ancora la sindaca, chi e come ha contribuito a diffondere questa visione dei Barbaricini? “Io un’idea ce l’ho. Forse forse siamo stati un po anche noi. Si, proprio noi. Noi intesi come abitanti di questi luoghi negli ultimi sessant’anni, noi anche come classe intellettuale, politica”.

Daniela Falconi passa, a questo punto, agli esempi concreti: “Se non ci fossimo dipinti così egregiamente banditi non sarebbe arrivato l’esercito a stanare i latitanti. Se non ci fossimo dipinti così bene pastore uguale bandito non sarebbero arrivati i piani di rinascita. Se non ci fossimo dipinti così bene donna donna uguale matriarca non sarebbero arrivati i licei pedagogici. È una forzatura, certo, ma credo che gli esempi servano a ragionare, a capire. Ed è mentre molti si appassionavano alle storie di banditi e scontri che da qui sono nate e cresciute il fior fiore di classi dirigenti, sindacali, imprenditoriali. Che non è, giammai, una cosa negativa. È semplicemente storia. Una storia fatta di storie, appunto. Una storia costellata di opportunità e soprattutto di scelte. Scelte che hanno nel bene e nel male condizionato la nostra crescita negli anni. Scelte di persone a cui, in una certa fase, ha fatto molto ‘comodo’ romanzare in molti aspetti la storia della Barbagia”.

Da questa consapevolezza, secondo Falconi, ecco le soluzioni: “Credo che l’unico modo per spogliarsi dei luoghi comuni sia avere ben chiaro da dove si arriva e il perché siamo così e poi fare in modo che le radici sostengano la chioma senza impedirle di crescere rigogliosa. Dovremmo studiare molto di più la storia e da li provare a costruirne una nuova, senza farcela scrivere da chissà chi”.

Francesca Mulas

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