Le scarpette rosse posate a Gavoi sulla rotonda di Sa Serra in ricordo di Dina Dore diventeranno un’installazione permanente protetta da una cupola in plexiglass. Un monumento nel cuore del paese per rappresentare una comunità che non dimentica e che dice no alla violenza sulle donne.
L’idea dell’installazione è venuta al comitato spontaneo che l’8 marzo scorso lanciò l’iniziativa. Un successo inaspettato: 400 paia di scarpe rosse furono portate sulla rotonda in poche ore e il monumento prese forma. Proprio come, su iniziativa dell’artista messicana Elina Chauvet, aveva preso forma per la prima volta a Ciudad Juarez, il luogo-simbolo del femminicidio dove, dal 1993, centinaia di donne sono state assassinate. L’idea di simboleggiare il femminicidio con le scarpette rosse è nata là.
La notizia arriva proprio in occasione del quinto anniversario del’assassinio di Dina Dore. Fu infatti la sera del 26 marzo del 2008 che la giovane donna, sposata col dentista Francesco Rocca, venne uccisa davanti alla sua bambina di 8 mesi. Dina lottò, si difese disperatamente per non farsi strappare la piccola dalle braccia, poi fu imbavagliata, legata mani e piedi e costretta a entrare nel bagagliaio della sua auto parcheggiata nel garage dell’abitazione nella via Sant’ Antiocru, nel centro del paese. Morì soffocata dal nastro adesivo che le chiudeva la bocca e il naso.
Un mese fa, la svolta investigativa: su richiesta della Procura di Cagliari, il marito di Dina Dore viene arrestato perché ritenuto il mandante dell’omicidio. Con lui finisce dietro le sbarre anche Pierpaolo Contu, che all’epoca era minorenne, accusato d’essere l’esecutore materiale.
Uno shock per un paese che aveva vissuto per cinque anni sotto un cappa di angoscia e di sospetti. E’ stato come se solo con l’ultimo 8 marzo, con le ‘scarpette rosse’, fosse cominciata l’elaborazione del lutto. “Oje si cher moia una gappa dae Gavoi”. Oggi è come se fosse evaporata quella “cappa”, commentò quel giorno una donna anziana alla vista della installazione spontanea sulla rotonda di sa Serra.
Ma l’omicidio di Dina Dore non è stato il solo. In dieci anni sono state quattro le donne assassinate, due delle quali per mano di altre donne. Spiega una delle promotrici del Comitato: “L’ installazione che abbiamo in mente di realizzare, è un modo per elaborare un lutto che non è stato vissuto quando i fatti sono avvenuti. Anzi, non un lutto, ma quattro lutti. Un po’ come praticare la psicomagia di Alejandro Jodorowsky, una terapia che permette, attraverso gesti simbolici, di ripercorrere le tappe fondamentali di un dolore che non avevamo vissuto quando se n’erano prodotte le cause. Solo così riusciremo a toglierci questo macigno dalle nostre teste”.
Per realizzare il monumento ci vorranno fondi, che le donne del comitato promotore dell’iniziativa “Scarpette rosse” hanno già iniziato a cercare: si rivolgeranno alle istituzioni del paese e a chiunque vorrà contribuire. Dopo anni di silenzio, Gavoi vuole parlare di questa donna minuta e determinata che lottò come una leonessa prima di morire. Ma allo stesso modo vuole che resti scolpito nella mente il ricordo delle altre donne assassinate.
Maria Giovanna Fossati