Gavoi, 8 marzo. Le scarpette rosse per Dina Dore

Le prime scarpette rosse nella piazza di Sa Serra le hanno posate le anziane del paese, alle sette circa, prima che iniziasse la messa. Le altre donne arrivano alla spicciolata, poggiano le scarpette rosse e vanno via. Un gesto simbolico, per non dimenticare Dina Dore, la donna ammazzata barbaramente cinque anni fa. Questo 8 marzo non è una giornata come un’altra per Gavoi e neanche un 8 marzo come gli altri. Un gruppo di donne del paese, promuovendo la manifestazione, ha voluto rompere il silenzio sull’atroce assassinio di Dina e ora dopo cinque anni, vogliono la verità. Non una verità qualsiasi, ma la verità. Dina è stata vittima di femminicidio.

Così sospetta la Procura di Cagliari, che pochi giorni fa ha arrestato il marito, il dentista Francesco Rocca, presunto mandante dell’assassinio di Dina Dore. Chi l’ha uccisa, dicono, deve essere condannato “senza sconti, senza se e senza ma. Perché il paese deve tornare a vivere serenamente dopo cinque anni di sconcerto e dubbi”.

Nessuna delle donne in piazza vuole rilasciare interviste e apparire col proprio nome. Ma nessuna si sottrae dal compito di spiegare il gesto: “Ci è sembrato doveroso doveroso fare qualcosa in un paese che è stato colpito da un femminicidio efferato. Questo è un gesto simbolico per rompere il silenzio. Siamo un paese in ginocchio che a questo punto vuol sapere la verità. Sono in carcere il marito di Dina e un minorenne, sono coinvolte in questa triste storia diverse famiglie di Gavoi. Il clima è pesante. Vogliamo un silenzio riflessivo non tombale. Perché finora sulla fine della nostra compaesana c’è stato silenzio tombale”. Alle 11 la piazza è già piena di scarpe: oltre che da Gavoi, molte donne sono arrivate dai paesi vicini e da Nuoro.

Le scarpette rosse, dopo anni di silenzio vogliono parlare di questa donna minuta e determinata, che prima di morire è diventata un gigante ingaggiando una dura lotta contro i suoi aguzzini. Le scarpette rosse per ripetere e condividere il gesto di Elina Chauvet, artista  molto attiva contro la violenza sulle donne. Messicana, è la fautrice di un’installazione a Ciudad Juárez, città di frontiera nel nord del Messico dove, a partire dal 1993, centinaia di donne sono state rapite, stuprate e assassinate.

La prima rappresentazione di Elina è lì che si è svolta e ha avuto un successo planetario.

Maria Giovanna Fossati

 

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