Gavoi, un paese nell’incubo

Dopo lo shock a Gavoi è montata la rabbia, sempre più forte via via che l’impianto indiziario emergeva attraverso i siti web, le tv locali, il passa parola. Rabbia contro Francesco Rocca, accusato d’aver commissionato a un diciassettenne l’uccisione della moglie e quindi, se l’accusa è fondata, responsabile di un “duplice omicidio”. Anche quello del minorenne trasformato in killer.

Rabbia perché le notizie sugli arresti di ieri hanno aggiunto alla memoria di un omicidio dalle modalità feroci, l’orrore per una feroce premeditazione e per l’assenza totale di pietà, anche nei mesi e negli anni dopo la morte. Con Rocca che scriveva all’amante che la moglie aveva avuto “la fine che si meritava” e definiva la loro bambina “burditta”, piccola bastarda.

L’ipotesi del sequestro di persona ‘andato male’, quella che secondo l’accusa gli assassini avevano voluto suggerire con la macabra messinscena (Dina Dore morta soffocata, nel bagagliaio della sua auto, dai cerotti coi quali era stata imbavagliata), aveva una sua credibilità perché Rocca è un benestante, un possidente, un professionista. Ma il sospetto che la verità fosse un’altra – proprio quella che ha determinato i due arresti (e forse a breve un terzo arresto) – circolava da anni in paese.

Perché si sapeva delle tensioni che dividevano i coniugi Rocca, si vociferava sull’esistenza di un’amante. E tutti avevano visto il gelo che era calato subito dopo il delitto tra il vedovo e la famiglia di Dina Dore. Da anni Rocca non permetteva più che la bambina incontrasse i nonni e gli zii materni. E lui, dopo aver addirittura tentato di entrare in politica nel 2009, un anno dopo il delitto si era poi chiuso in se stesso, viveva ritirato, aveva quasi del tutto abbandonato la professione.

Già, negli anni e nei mesi passati, si azzardavano a Gavoi persino ipotesi sul movente. Non solo l’amante, e cioè il desiderio di liberarsi a ogni costo e con qualunque mezzo dell’ostacolo della moglie, ma anche questioni di carattere economico. Se, per rifarsi una nuova vita, avesse scelto la strada della separazione e del divorzio, una parte del patrimonio di Rocca sarebbe inevitabilmente andata a Dina Dore, alla quale sarebbe stata quasi certamente affidata la bambina. “Ultimamente -raccontava ieri un compaesano – Francesco appariva sulla difensiva, come se gli fosse crollato il mondo addosso”. Avvertiva di avere sul collo il fiato degli inquirenti. Sapeva che il cerchio si stava stringendo attorno a lui.

“Sono innocente, questo è un incubo” avrebbe detto dopo l’arresto. E’ un’accusa fondata su indizi, su testimonianze, su intercettazioni. Non esiste, almeno fino a ora, la prova decisiva. Ma certo, su questo il paese concorda, è davvero “un incubo”.
Maria Giovanna Fossati.

Diventa anche tu sostenitore di SardiniaPost.it

Care lettrici e cari lettori,
Sardinia Post è sempre stato un giornale gratuito. E lo sarà anche in futuro. Non smetteremo di raccontare quello che gli altri non dicono e non scrivono. E lo faremo sempre sette giorni su sette, nella maniera più accurata possibile. Oggi più che mai il vostro supporto è prezioso per garantire un giornalismo di qualità, di inchiesta e di denuncia. Un giornalismo libero da censure.

Per ricevere gli aggiornamenti di Sardiniapost nella tua casella di posta inserisci la tua e-mail nel box qui sotto:

Related Posts
Total
0
Share