Dirigenti onesti a Sindacopoli, nomi top secret. La Procura: “Vanno protetti”

Minacciati perché si non si conformavano al malaffare. È un tassello dell’inchiesta sugli appalti sospetti.

Sono i dirigenti onesti degli Uffici tecnici comunali, l’eccezione, secondo l’accusa, nella cupola del presunto malaffare diventata Sindacopoli. Due dirigenti i cui nomi restano ancora top secret per “evitare nuove pressioni sul posto di lavoro”, è la protezione fatta scattare dalla Procura di Oristano. Tanto che non si conoscono nemmeno i Municipi nei quali i due prestano servizio.

Resta il fatto che dall’inchiesta “La Squadra”, così come è stato chiamato il giro degli appalti sospetti, emerge “un panorama sconfortante”, dice il procuratore capo Andrea Padalino Morichini. Non fosse altro che nel quadro della triplice accusa di associazione per delinquere, turbativa d’asta e corruzione, “era duramente osteggiata la condotta esemplare di chi ha voluto applicare correttamente le regole degli appalti”. O, almeno, ci ha provato. Sindacopoli, per reggersi, aveva bisogno di “persone che si conformassero al malaffare“. In caso contrario, ecco perfino le “minacce, da parte dei sindaci, come la rimozione dall’incarico di responsabile dell’Ufficio tecnico”.

Il comportamento dei dirigenti onesti vale due storie diverse. In un caso, c’è stata un vero e proprio rifiuto a firmare i presunti atti illeciti; nel secondo si è invece registrata una resa, ma risultata comunque importante nello sviluppo delle indagini.

Risale allo scorso 27 marzo, l’ultimo tentativo portato avanti dalla cupola per ottenere un appalto di progettazione. Ma da novembre 2013, quando è partita l’indagine, sono stati 44 i bandi considerati truccati dalla Guardia di finanza e dai carabinieri (qui tutti i nomi delle 24 persone sottoposte a restrizione di libertà, tra arresto in carcere, domiciliari e obbligo di dimora). Gare “per opere inutili”, con “progetti deficitari”, proprio perché lo stesso carteggio veniva usato in serie per tutti i “Comuni compiacenti”.

L’allarme è quindi lanciato. “Abbiamo registrato – continua Padalino Morichini – totale assenza di controlli, ciò che ha permesso, con straordinaria facilità, la violazione delle norme fissate dal codice degli appalti”. Il tutto ordito, secondo l’accusa, dalle “due corazzate”, sempre stando all’ordinanza del gip Annie Cécile Pinello. Ovvero, le srl dell’ingegnere desulese, Salvatore Paolo Pinna, titolare della Essepi Engineering (sede a Nuoro), e la Edilogica srl di Francesco Chessa, irgolese di 56 anni, operativo a Cagliari. Pinna viene considerato “il capo del sodalizio criminale” e Chessa il il secondo dominus. Sarebbero state le due società a “sostituirsi agli uffici tecnici, offrendo pacchetti chiavi in mano”. Dal progetto preliminare a quello esecutivo.

E a proposito dei carteggi riutilizzati in serie, perché proposti identici ai diversi Comuni, gli inquirenti parlano addirittura di economie di scale. Significa, in qualche modo, massimo profitto col minimo sforzo.

La modalità più semplice per accaparrarsi gli incarichi, era quella di far bandiere ai Comuni gare per piccoli interventi, sotto i 40mila euro, per i quali è previsto l’affidamento diretto. Ovvero, uno spacchettamento delle opere in tanti rivoli, ciò che spiega gli 850mila euro di illeciti attribuiti a Sindacopoli, dopo una primissima stima. Di fatto ,una cifra non elevata, considerando i 44 appalti, ma la sola possibile per creare meno sospetti.

Per opere con valore compreso tra i 40mila e i 100mila euro, si procedeva invece con la procedura negoziata: permette di scegliere la migliore offerta in una rosa di almeno cinque proposte, pena l’annullamento. Ma l’escamotage utilizzato dalla cupola è stato anche quello di tutti e cinque i progetti. Di cui “uno solo regolare e gli altri con grossolani errori”, ha spiegato il sostituto Armando Mammone, titolare dell’inchiesta. In questo modo, la presunta associazione per delinquere si assicurava da un lato la validità della gara e dall’altro si aggiudicava l’appalto. La procedura negoziata è utilizzata anche per interventi sino a 100mila euro. Ma in questo caso serve un minimo di dieci offerte.

Infine ecco la proposta migliorativa, ovvero bandi in cui un Comune assegna un punteggio non solo per l’offerta economicamente più vantaggiosa, ma anche per quella che propone interventi aggiuntivi rispetto a quelli richiesti dal Comune. E siccome la cupola concordava l’appalto con gli amministratori locali, aveva tutto il tempo per confezionare il prodotto migliore. Non solo: la proposta migliorativa veniva messa a bando con una scadenza molto corta, in modo da impedire la partecipazione alla gara ai altri liberi professionisti esterni a “La Squadra”.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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