Cagliari, porto canale a rischio tracollo: nuova protesta dei dipendenti Cict

Estate caldissima per i 210 lavoratori portuali della Cict, il principale terminalista del traffico container, a rischio licenziamento. Questa mattina erano davanti alla sede della Soprintendenza ai beni paesaggistici di Cagliari per chiedere lo sblocco dei vincoli sullo scalo di Cagliari dopo il no definitivo di Roma alla riedizione delle autorizzazioni considerate non idonee dall’ultima sentenza del Consiglio di Stato.

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I dipendenti si sono presentati con cartelli, striscioni, bandiere e trombette. E con un manifesto del fantomatico “Comitato per la tutela della spiaggia che non c’è”. Perché uno dei problemi è proprio quello: il porto canale era stato realizzato legalmente, ma nel frattempo si era innescata una lunga trafila giudiziaria per stabilire se lo scalo avesse tutte le carte in regola soprattutto in considerazione della presenza di una spiaggia nella zona del cantiere.

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A cose fatte e a decenni di distanza è arrivata la sentenza che blocca ogni possibile sviluppo. Sarà ora la Presidenza del Consiglio dei ministri, anche in virtù degli ingenti investimenti effettuati, a trattare la faccenda. Ma nel frattempo partono i licenziamenti. “Sia chiaro – spiega all’Ansa William Zonca di Uiltrasporti -: questa situazione non è causata dalla Soprintendenza, ma è una questione di scelte politiche. Per tre anni e mezzo il porto è stato commissariato. E non si è riusciti a sbrogliare questa matassa”.

Lavoratori in bilico: “Chiediamo – spiega Raffaele Loddo della Fit Cisl – almeno la riduzione del vincolo per consentire l’installazione delle gru di nuova generazione per essere competitivi: ormai sono indispensabili”. La protesta prosegue alle 13 con un flashmob al porto canale nella “spiaggia che non c’è”. Domani altra giornata cruciale con l’incontro tra lavoratori e azienda per il cosiddetto “esame congiunto”. “Sarà una riunione – anticipa Massimiliana Tocco della Filt Cgil- per analizzare quali possono essere le alternative per il rilancio. È chiaro che le autorizzazioni paesaggistiche sono alla base di tutto. E poi si potrà pensare anche a un impianto di lavorazione delle merci nel retroporto che consenta allo scalo di essere appetibile”.

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