Sigilli all’impianto della Geco srl a Magomadas, nell’Oristanese, l’azienda che si occupa del trattamento di fanghi reflui. In una nota la società annuncia di aver ricevuto dal Tribunale il decreto di sequestro preventivo. Il provvedimento arriva a meno di un mese da una denuncia alla Procura di Oristano presentata dal comitato Acqua Bene Comune di Planargia Montiferro e Italia Nostra Sardegna e a due settimane dall’ordinanza del Tar Sardegna che ha, invece, respinto l’istanza cautelare del Consorzio per la tutela dei vini doc della malvasia di Bosa che puntava a bloccare l’impianto.
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“Prendiamo atto della decisione del Giudice che non condividiamo in quanto fondata su presupposti errati, superando anche provvedimenti giurisdizionali. Siamo sconcertati per ciò che è accaduto ad un anno dall’inizio delle attività di indagine, nonostante la nostra fattiva collaborazione. Certamente dimostreremo la perfetta legittimità della nostra attività così come delle autorizzazioni in essere – ha detto Bonifacio Angius, uno dei soci – Vorremmo però ribadire che il nostro ammendante compostato con fanghi non è un rifiuto. Il prodotto, infatti, risponde e rispetta i parametri e i criteri previsti dalla normativa vigente. Fa riflettere il fatto che nei nostri confronti si sia scatenata una tempesta mediatica e giudiziaria, spesso alimentata da interferenze esterne anche politiche, mentre nessuno sembra essersi accorto che la totalità dei fanghi prodotti in Sardegna non viene lavorata e recuperata ma sversata ‘tal quale’ nei terreni agricoli secondo una discutibile pratica”.
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Rispetto ai miasmi denunciati dalla popolazione: “Ci sorprende che la magistratura prenda decisioni così drastiche affidandosi a discutibili singole osservazioni personali piuttosto che a rilievi e analisi a cui il nostro impianto viene periodicamente sottoposto da parte di enti terzi preposti che, per inciso, hanno sempre attestato la assoluta regolarità. – ha concluso Angius – Da imprenditori non possiamo che prendere atto dell’ennesimo fallimento di un sistema, incerto e punitivo, che incomprensibilmente ostacola qualsiasi legittima iniziativa imprenditoriale, dispiace inoltre per i nostri operai e collaboratori che patiranno le incertezze conseguenti a tale provvedimento”. Il caso Geco ha provocato un forte tensione in paese culminata con due attentati, il primo nel dicembre scorso con un incendio doloso agli impianti, il secondo a metà giugno con l’intimidazione a un attivista contrario allo smaltimento.
L’avvocato della Geco, Danilo Mattana, ha depositato già oggi una richiesta di riesame al Tribunale per una nuova valutazione rispetto a quanto disposto dal Gip, chiedendo il dissequestro dell’impianto. Il legale ha presentato un’istanza al pm “dal momento che l’impianto è attivo dal 2003 e non è in alcun modo collegato con la lavorazione dei fanghi e con la produzione dell’ammendante – spiega l’avvocato Mattana – per poter accedere agli uffici e portare avanti le pratiche amministrative; per garantire l’accesso della vigilanza, oltre a ulteriori richieste più tecniche per ridurre al minimo l’usura dell’impianto e dei materiali attualmente presenti”.