Riceviamo e pubblichiamo l’intervento di una lettrice, Anna Pistuddi, sugli incendi che hanno devastato l’Isola nei giorni scorsi. Leggi: Il giorno della cenere.
Non mi son mai sentita “orgogliosa” di essere sarda: semplicemente parte di qualcosa che mi definisce anche come persona, figlia di una storia, di un ambiente, del mare e del vento. Oggi mi sento orfana di una terra che non riconosco più, non solo perché brucia e muore, e si trasfigura di nero e tosse e cenere e pianto. Ma perché ho la sensazione che non ci sia veramente più nessun rimedio a questa barbarie, che prima che dalla mano che accende, parte da un cervello asservito a incomprensibili (per me) logiche, da qualunque parte o ragione provengano. La risposta per me può essere solo nella cultura, quella con la C maiuscola, che contribuisce a formare il senso civico, quello critico e la consapevolezza delle responsabilità collettive verso la terra che ci ospita e che non riesce più a darci da vivere, né pane né serenità. Vogliamo rimboccarci le maniche? La vogliamo smettere con le geremiadi del senno di poi? Onesti con noi stessi, per riconoscere quello che ci manca per essere un popolo normale.