Il giorno della cenere

Un giorno e una notte. Ore e ore in cui le fiamme hanno distrutto tutto ciò che incontravano. Migliaia di ettari di macchia mediterranea, boschi di lecci, animali selvatici, aziende agricole. E oggi è il giorno della bonifica, ossia della conta dei danni. Quello della cenere e dei tizzoni. Ma soprattutto della caccia a chi ha appiccato in modo seriale quei roghi alimentati dal vento di scirocco e dalle alte temperature (leggi: A Uras arrestato il piromane che ha mandato in fumo 3 ettari). Un copione che si ripete ogni estate e che i mezzi e gli uomini non riescono a fronteggiare. Canadair ed elicotteri che si sono fermati solo con l’arrivo del buio, Forestale, Vigili del fuoco, volontari e baracelli. Il fronte più vasto, circa sei chilometri, è quello del Medio Campidano tra Arbus, Fluminimaggiore, Guspini e Gonnosfanadiga. In cenere circa 5mila ettari di territorio, le lingue di fuoco alte diverse decine di metri hanno cambiato più volte direzione. Distrutti i depositi di foraggio, sgomberato anche un campeggio e cinque agriturismi, due dei quali sono stati danneggiati in modo grave. I turisti sono fuggiti con la paura dei roghi sempre più vicini.

Guarda la photogalleryArbus, la valle della morte nelle immagini di Fahc.

Devastato pure il Sulcis dove, a Carbonia, sono stati evacuati alcuni reparti dell’ospedale Sirai. Trasferiti a Iglesias due neonati e una donna in procinto di partorire. Colpita la zona nord della città e Flumentepido, il fuoco ha circondato alcune case. Abitanti barricati in casa con il terrore negli occhi. Leggi: Bruciano il Sulcis e il Medio Campidano.

L’incendio nell’Oristanese, tra Sant’Anna e Marrubiu, ha praticamente diviso la Sardegna in due. Chiusa la strada statale 131, che collega il sud al nord, per circa cinque ore. Interrotto anche il traffico ferroviario, il servizio è stato effettuato con bus sostitutivi. Quasi mille ettari di territorio sono stati distrutti, il rogo è partito intorno alle 22 di giovedì scorso da un palo cabina della linea elettrica nella zona di Is Bangius in agro di Marrubiu e arrivato poi all’alba di ieri fino alle campagne tra Santa Giusta e Palmas Arborea, dopo aver minacciato da vicino in piena notte le case della borgata agricola di Sant’Anna. Intervenuta anche una piccola task force di agricoltori da Arborea in campo con autobotti trainate da trattori. Leggi: Incendi, a Marrubiu due aziende distrutte dal fuoco. Per spegnere il rogo anche trattori con autobotte.

Ora i sindaci dei paesi colpiti chiedono lo stato di calamità. Stessa richiesta che arriva da Coldiretti.Leggi: Incendi, la Coldiretti: “La Regione dichiari lo stato di calamità naturale”. Ma allo stesso tempo si punta il dito contro i Comuni che non hanno ancora un piano organizzato per affrontare le emergenze, come ha sottolineato il senatore Roberto Cotti (M5S).

Il bilancio della Regione. “Se le campagne sono coltivate e curate gli incendi vengono spenti con maggior facilità e le condizioni estreme gestite con risultati migliori. La Sardegna si salvaguarda valorizzando e investendo sulla presenza umana che ancora anima le nostre campagne. I custodi dell’ambiente stanno anche nelle aziende agricole, che presidiano quotidianamente il territorio”. E’ il commento sulla giornata di incendi dell’assessore regionale dell’Ambiente, Donatella Spano. “Sono stata sempre in contatto con il Corpo forestale e la Protezione civile e posso dire che, ieri sera, ci siamo trovati di fronte a condizioni ambientali estreme, che hanno reso la pericolosità molto alta – ha spiegato – Ciononostante la macchina organizzativa ha funzionato bene, evitando che l’emergenza si trasformasse in tragedia”. “Poco dopo le 21 di ieri ci siamo trovati di fronte a condizioni ambientali estreme e l’incendio è degenerato – ha spiegato il Direttore provinciale del Corpo forestale di Cagliari, Giuseppe Delogu, presente nelle aree interessate – L’umidità era scesa al 23%, la temperatura si era attestata intorno ai 30 gradi e il vento soffiava a 18 metri al secondo. A quel punto i roghi hanno ripreso vigore con fiamme alte fino a 20 metri”.

Al momento tutti i focolai residui sono stati spenti, ma c’è sempre il timore che qualcuno sia ancora attivo sotto la coltre di cenere e fra i tronchi delle piante bruciate, e che possa da un momento all’altro riprendere vigore.

 

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