#Milionidipassi: le scarpe dei profughi raccontano l’orrore della guerra

Ci sono tanti modi per fotografare un orrore. Lo si può fare in maniera esplicita, cruda quasi violenta alimentando quella reazione di assuefazione che Susan Sontag accomunava alla pornografia.

Oppure si può raccontare per simboli e metafore come ha fatto la reporter americana Shannon Jensen che ha fotografato le calzature con cui i profughi sudanesi si sono messi in cammino per fuggire dalla guerra. Le immagini fanno parte del progetto A Long Walk,che la fotografa statunitense porta avanti da alcuni anni.

Nel 2012 la Jensen si recò nella regione del Nilo Azzurro per documentare lo spaventoso esodo di 200 mila profughi in fuga dal Sudan a causa dei sanguinosi scontri seguiti alla proclamazione d’indipendenza di questo Stato. Ma le tragedie e le emergenze umanitarie si somigliano un po’ tutte e la fotografa non riuscì a vendere le pur belle immagini del suo lavoro. Scelse allora coraggiosamente di prolungare il viaggio e di modificare il registro visivo del suo reportage.

«Il mio arrivo — racconta — ha coinciso con un afflusso di 30.000 nuovi rifugiati. Molti non erano mai usciti dai loro villaggi prima dei bombardamenti. Ho fotografato la fine del loro viaggio nel Blue Nile, ho ascoltato le loro storie: nonni lasciati alle spalle, famiglie separate, bambini dispersi, morti di sete e di stenti. Come si fa, pensavo, a rappresentare la storia di queste persone in un modo che le fotografie non si confondano nelle migliaia di immagini già scattate in situazioni simili? Come si fa a rappresentare una saga da incubo in un’immagine statica? E poi ho notato le scarpe. L’incredibile serie di calzature logore, scompagnate, più piccole o più grandi dei piedi che le indossavano. Erano la testimonianza silenziosa della tragedia, metafora di un viaggio affrontato con la forza della disperazione dai loro proprietari».

 

Come Glenna Gordon, che ha raccontato il rapimento e l’uccisione delle bambine nigeriane di fede cattolica, da parte del gruppo islamico Boko Haram, con le sole immagini dei loro vestitini, anche la Jensen racconta l’orrore con una toccante rappresentazione metaforica che ha l’impatto di un pugno sullo stomaco. Sono gli oggetti, meglio del sangue e del dolore gridato, a dare forza alla narrazione visiva. Dietro quelle scarpe, l’unico “bene” rimasto oltre ai vestiti si intravvedono i proprietari e se ne immagina la loro disperazione. Ma anche la loro tenace e dignitosa resistenza.

Queste foto sono diventate il simbolo della campagna di Médecins Sans Frontières/Medici Senza Frontiere #Milionidipassi ( www.milionidipassi.it ) che per tutto il 2015 attraverso spot televisivi, eventi ad hoc (quello di lancio coinvolge attori come Valerio Mastandrea e Laura Morante) e iniziative sui social network utilizzerà la metafora dei passi per “farsi sentire”.

Enrico Pinna 

Credits photo: © Shannon Jensen

Immagini tratte dal sito www.milionidipassi.it

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