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Quirra, si possono imbrogliare le carte, ma non nascondere i morti

Marie Claude, madre di Valery Melis, il militare morto a 26 anni per un linfoma di  Hodgkin dopo una missione in Kossovo in cui era entrato in contatto con l’uranio impoverito, diceva sconsolata in una recente intervista: “In primo grado ci hanno riconosciuto il risarcimento, ma lo Stato ha subito presentato appello. Non ci vogliono proprio stare, non vogliono proprio accettare la verità”.

E’ quello che deve aver pensato il procuratore di Lanusei Domenico Fiordalisi quando si è risolto a chiedere un altro sequestro del Poligono interforze di Salto di Quirra, per permettere una nuova superperizia voluta dalla difesa. Nonostante quelle già presenti, numerose e scientificamente importanti, nella sua richiesta di rinvio a giudizio per i generali e per i tecnici e i ricercatori universitari. Questi ultimi, per conto del ministero della Difesa, avrebbero dovuto fare serie analisi sulla presenza, nel territorio del Poligono, di Torio e di altre sostanze radioattive che hanno portato alla morte di uomini e animali.

Invece, dice Fiordalisi, quattro di questi tecnici ambientali dell’università di Siena, (Riccobono, Protano, Baroni e Di Lella), “hanno usato l’artificio di presentare come indagine tossicologica l’indagine geochimica effettuata, senza denunciare il grave pericolo delle anomale concentrazioni di Torio riscontrate nelle aree ad alta intensità militare”. Gli stessi tecnici che, secondo Fiordalisi, hanno utilizzato tutte le conoscenze da loro “raggiunte in Kossovo…sulla ricerca di uranio impoverito, per utilizzare nel Poligono di Quirra metodi che di fatto impedivano di evidenziare la eventuale presenza di residui di uranio impoverito e di spiegare le anomale concentrazioni di uranio non naturale…”.

Insomma chi meglio del costruttore di casseforti sa come si possono scassinare? E’ la solita vecchia storia tutta italiana: neanche davanti all’evidenza scientifica (in questo caso certificata da numerose altre analisi, tra le quali quella dell’Arpas) ci si arrende. Meglio, molto meglio, gravare un’inchiesta con altre analisi, altri campioni, altri pareri, in modo da annacquare, confondere, allungare, sopire. E quindi poter dire che non v’è certezza. Metodo ampiamente usato in molte altre occasioni, da Piazza Fontana in poi. Perché, volendo, tutto è confutabile. Persino i morti.

Come sostengono, non appena hanno un giornalista a portata di mano, i sostenitori locali del “complotto”, che non si sono persi un’udienza a Lanusei per far sentire ai generali e agli altri accusati tutta la loro solidarietà. Sono di solito ex militari o impiegati del Poligono, o semplici abitanti di Perdasdefogu, terrorizzati che possa davvero chiudere i battenti e lasciarli senza lavoro. Dicono una cosa all’apparenza, ma solo all’apparenza, ragionevole: “Cento morti di tumore su migliaia e migliaia di abitanti, rientra nella norma. Perché non si fa una bella indagine epidemiologica sull’intera Ogliastra?”.

Poi vai a vedere e scopri che quei cento e passa morti sono tutti concentrati a ridosso del Poligono e non “spalmati” sull’intera provincia. E hai la conferma che i morti, quelli almeno, non sono confutabili.

Marco Corrias

 

 

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