Erriu: “Rigore e autonomia. Ecco il nostro percorso per il nuovo Ppr”

Dall’assessore regionale all’Urbanistica Cristiano Erriu riceviamo questo intervento che chiarisce nei dettagli qual è il percorso che la giunta Pigliaru intende seguire per arrivare a elaborare il nuovo Ppr. 

L’applicazione del Piano Paesaggistico Regionale ha dimostrato in questi anni le sue enormi potenzialità, ma anche molti limiti. Si è sentita soprattutto la mancanza di una regia regionale capace di:
– sciogliere i nodi controversi con interpretazioni solide e di buon senso;
– individuare e codificare, per tutte le amministrazioni comunali e provinciali, procedure agili, certe e univoche di accompagnamento all’adeguamento degli strumenti urbanistici al PPR.

Questo fatto ha creato nel reciproco rapporto tra la Regione e gli Enti locali condizioni di confusione, incertezza, sfiducia e disorientamento nell’interfaccia tra gli amministratori locali (e i rispettivi uffici) e gli uffici regionali. Sintomatico di tale situazione è che solo 8 Comuni hanno chiuso l’iter di adeguamento del PUC al PPR. E se è vero che oltre la metà dei Comuni dell’ambito costiero ha avviato il procedimento, neanche un Comune costiero ha ancora chiuso l’iter di approvazione del piano di utilizzo dei litorali e a tutt’oggi non vi è un solo piano particolareggiato del centro storico adeguato al PPR e quindi pienamente funzionale.

L’aggiornamento del PPR è dunque un’occasione attesa e importante non solo per correggere errori presenti nel Piano vigente ma anche per razionalizzarne la tutela andando a colmare alcune delle incongruenze attualmente presenti tra le Norme Tecniche di Attuazione, le tavole di Piano e le relative legende, garantendo una lettura univoca delle norme di tutela. Ed è anche occasione importante per ampliare e perfezionare la tutela su alcune tipologie di beni privi di tutela “ope legis”.

Se è vero che questo riordino è stato fatto solo in parte e che sul nuovo repertorio, permangono ancora errori di localizzazione, di tipizzazione, di denominazione, è anche innegabilmente vero che si tratta comunque di una nuova base di partenza, frutto di un lavoro collettivo e condiviso.

L’esercizio della virtù della prudenza, tanto raro in un tempo in cui tendono a prevalere aggressività e contrapposizioni preconcette, pare oggi una strada obbligata per evitare pericolose derive di ulteriore incertezza e per sbarrare la strada a tentazioni di cupio dissolvi di cui nessuno francamente sente il bisogno.

La politica e il governo sono un’arte complessa che richiede pazienza e nervi saldi. Nella complessità delle cose si annidano insidie che vanno affrontate senza farsi condizionare dall’emotività.

E’ indiscutibile che l’accelerazione forzata e sospetta del procedimento di adozione e approvazione definitiva della revisione del Piano Paesaggistico Regionale, incredibilmente conclusa nei pochi mesi che separavano dalla fine della legislatura dopo cinque anni di inerzia, ha suscitato una forte reazione negativa che, a caldo, suggeriva di cancellarne l’intero percorso. Che il procedimento mostrasse evidenti profili di illegittimità era chiaro fin dal primo momento ma la sua complessità richiede una riflessione più razionale del semplice desiderio di cancellare tutto, perché dietro il fatto in sé si nascondono tematiche più ampie e delicate per l’assetto istituzionale della Sardegna e per un suo sviluppo ordinato e sostenibile.

Per questa ragione, si é proceduto senza ritardi ad annullare quanto era palesemente illegittimo e a sottoporre a ulteriore verifica quanto richiedeva un esame più attento, per evitare quei passi falsi che in altre occasioni hanno provocato, e provocano ancora, danni economici gravissimi alla Regione e ai cittadini.

Da un punto di vista strettamente tecnico, la delibera che ha annullato, e non semplicemente revocato, l’approvazione definitiva del così detto PPS, ha messo in sicurezza gli aspetti più delicati che il piano revisionato andava a toccare. Con l’annullamento si sono disinnescate tutte le norme più rischiose contenute nel PPS e posto rimedio alla eclatante illegittimità di una approvazione definitiva avvenuta in assenza del parere di Valutazione Ambientale Strategica (VAS) e in presenza di rilevanti modifiche apportate dalla Giunta successivamente alla adozione di ottobre.

Tra le altre, si ricordano le spregiudicate norme transitorie che consentivano il convenzionamento di tutte le lottizzazioni turistiche contenute negli strumenti urbanistici anteriormente all’adozione del PPR del 2006, che di fatto avrebbe reso inefficace l’intero Piano, l’ampliamento volumetrico in fascia costiera e varie disposizioni relative alle zone agricole.

Se é vero che l’approvazione definitiva non aveva comunque effetto, considerato che la stessa Giunta Cappellacci, desiderosa solo di portare sul piatto della campagna elettorale l’illusione di una promessa mantenuta, non aveva avuto il coraggio di completarne gli effetti con la pubblicazione sul BURAS, è altrettanto vero che non annullarla la avrebbe legittimata e impedito di riprendere il procedimento di verifica e adeguamento in maniera corretta e partecipata.

Di tutta l’architettura del PPS rimane, provvisoriamente, in piedi il così detto Repertorio dei beni paesaggistici storico-culturali, il cui annullamento avrebbe riportato a quelle cartografie piene di inesattezze e ambiguità grafiche che, per generale ammissione, hanno creato non pochi problemi a tecnici, amministratori e cittadini.

La delibera di annullamento afferma chiaramente che il nuovo Repertorio costituisce solo la base per la ripresa del processo di verifica e adeguamento in collaborazione con il Ministero e con tutti i portatori di interesse, per cui tutti i dubbi e le problematiche che dovesse ancora contenere saranno affrontati nei modi e nei tempi necessari.

In risposta, però, a chi sostiene che il metodo adottato per la ricognizione dei beni e dei contesti paesaggistici non risponda ai criteri di legge, citando articoli e commi, facciamo rilevare che questo metodo dettagliato (definito flussogramma) è stato concordato proprio su richiesta dello stesso Ministero che ha impugnato la delibera di adozione di ottobre, ma che lo ha ratificato firmando i relativi verbali. Resta il fatto che, qualora durante la ripresa dei tavoli tecnici si riscontrassero con certezza errori in questo metodo concordato, nulla vieterebbe di porvi rimedio.

In ogni caso, se si fosse azzerato senza una attenta verifica il Repertorio dei beni reso vigente dalla delibera di adozione di ottobre, si sarebbe aperto l’ennesimo caso di contestazioni, ricorsi e potenziali pericoli di gravissimo contenzioso per le amministrazioni che, nel rispetto della norma, ne avevano preso atto.

Il punto più rilevante, però, che ha richiesto estrema prudenza e attenzione nella decisione recente, è rappresentato dalle implicazioni più generali che questa vicenda sottendono.

Se la reazione ministeriale può essere stata vista con occhi favorevoli per quanto riguarda il caso in sé, in quanto cercava di interrompere un procedimento evidentemente poco virtuoso, solleva gravi perplessità per quanto riguarda l’assetto dei rapporti tra lo Stato e la Regione.

In un momento come questo caratterizzato, da una parte, da un diffuso e legittimo sentimento di rivendicazione di autonomia da parte della Regione e, dall’altra, dalla intenzione dello Stato di riaccentrare su di sé poteri e competenze, ogni atto che comportasse un indebolimento delle attribuzioni regionali va ponderato per non compromettere quella specialità regionale che, al contrario, attende ancora di essere pienamente attuata.

La rivendicazione ministeriale dell’obbligo di sottoporle interamente il processo di verifica del Piano Paesaggistico è in netto contrasto con l’art.8 dello stesso Codice Urbani, che ribadisce che tutte le attribuzioni di poteri alle Regioni a Statuto speciale precedentemente stabilite sono mantenute. Attribuzioni contenute nel DPR 348/75 e nel DPR 480/78, che la stessa ‘grande riforma economico-sociale’, il Codice Urbani, ribadisce nel citato art.8. Stupisce che nell’articolato ricorso del Ministero contro la Regione non si faccia menzione di questo articolo chiave nell’interpretazione della vicenda.

Che, poi, la Giunta Cappellacci, che aveva accettato e formalmente sottoscritto la facoltativa, e non obbligatoria, procedura di copianificazione con il Ministero, ne abbia unilateralmente e irritualmente interrotto lo svolgimento, rappresenta una di quelle gravi incongruenze che hanno caratterizzato la precedente legislatura. Come ben specificato nella delibera di annullamento, è intenzione di questa Giunta riprendere il percorso dove si era interrotto e rispettare gli accordi precedenti ma senza rinunciare alle prerogative che competono per legge alla Regione Sardegna, rigettando l’idea che il soggetto statale operi con maggior rigore e offra maggiori garanzie di tutela rispetto quello regionale.

Ci sarà tempo, al termine del processo concordato, per revocare, se necessario, la precedente adozione e riadottare il Piano Paesaggistico Regionale verificato e adeguato, con la certezza di fornire ai cittadini uno strumento che contemperi, senza compromessi, la tutela dei beni ambientali e paesaggistici con le esigenze dello sviluppo e dell’occupazione. Ancora una volta si ribadisce, infine, la necessità di affiancare al Piano Paesaggistico Regionale i nuovi e aggiornati Testi Unici per l’Urbanistica e per l’Edilizia, la cui rapida introduzione costituisce un impegno centrale del governo regionale, unica garanzia per una effettiva semplificazione e disambiguazione delle procedure relative alla gestione del territorio e alla tutele dei suoi valori.

Cristiano Erriu

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