Editoria e cemento: ecco il Piano paesaggistico dei furbi

Proviamo a riassumere. La mattina di venerdì 25 ottobre la giunta regionale si riunisce a Sassari e approva il nuovo Piano paesaggistico regionale. Videolina e il sito de l’Unione sarda danno per primi (prima dell’Ansa) la notizia, a partire dal cambiamento del nome – si chiamerà “Piano paesaggistico dei sardi” – e con qualche anticipazione sui contenuti: “Si allentano i vincoli nella fascia costiera dove sarà possibile intervenire, ristrutturando l’esistente, sulla base di “precise regole”. Quanto ai corsi d’acqua, solo fiumi e torrenti di rilievo paesaggistico saranno soggetti a restrizioni. E per i centri storici, massima attenzione a quelli di pregio, più libertà di manovra in tutti gli altri”.

Una riforma di buon senso, insomma. Resterà assicurata la tutela dell’ambiente ma saranno eliminati certi fanatismi talebani di quella che il capogruppo del Pdl al Consiglio regionale, Pietro Pittalis, definisce “sinistra al caviale”. L’idea che si vuole trasmettere è che finalmente i sardi potranno valorizzare le loro piccole proprietà immobiliari senza dover passare attraverso pratiche burocratiche soffocanti e divieti assurdi.

Non è un’idea nuova. La giunta Cappellacci da anni è impegnata nel tentativo di farla diventare senso comune. Illuminante da questo punto di vista una “pubblicità istituzionale” pubblicata a pagamento – con soldi pubblici – su l’Unione sarda e la Nuova Sardegna nel settembre del 2011, due anni fa: “Oggi oltre un milione e trecentomila sardi vive sotto un vincolo paesaggistico. La stragrande maggioranza di questi (e siamo noi) neanche lo sa. Ce ne accorgiamo quando magari dobbiamo cambiare gli infissi della nostra casa, o rifare il tetto con tegole fotovoltaiche per risparmiare qualche euro salvaguardando l’ambiente, o quando pensiamo di chiudere una veranda perché in cameretta i ragazzi non ci stanno più…”

Ieri viene finalmente resa pubblica la relazione del nuovo Piano paesaggistico. I tecnici la leggono e individuano immediatamente, nelle 90 pagine, alcuni passaggi molto significativi. Si afferma, tra l’altro, che i progetti bloccati dal Ppr possono essere riconsiderati se approvati in base ai vecchi piani territoriali paesistici e rientrano nei “piani attuativi legittimamente adottati prima dell’approvazione del Ppr”.

Di che si tratta? Della costruzione di un capanno per gli attrezzi agricoli nell’agro? Della cameretta in più per i nuovi nati? O del recupero di una vecchia cantina diroccata in un centro storico? Pare proprio di no. Si tratta, invece, di giganteschi piani di cementificazioni costiera. E tra essi spicca quello che vorrebbe realizzare a Villasimius, a Cala Giunco, l’immobiliare Sergio Zuncheddu, l’editore de l’Unione sarda.

Naturalmente si è liberi di fare gli affari propri, anche quelli immobiliari. Ma bisognerebbe avere l’onestà di non tentare di nascondere questi interessi, questi affari milionari, dietro la necessità di cambiare gli infissi o rifare il tetto di casa. A maggior ragione quando gli affari milionari sono anche quelli dell’editore del più diffuso quotidiano dell’Isola. Editore che riceve dalla giunta di centrodestra milioni di euro in pubblicità istituzionale. E che da anni sta tentando di cedere alla Regione parte rilevante del proprio patrimonio immobiliare invenduto.

Il Piano paesaggistico dei sardi è in realtà il Piano paesaggistico dei furbi: una nuova prova dell’esistenza di una lobby politico-affaristica che ha fatto dell’editoria e del cemento un’unica filiera per produrre – con l’ausilio del denaro pubblico – consenso e profitto. Per un numero di sardi molto molto limitato.

G.M.B.

 

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