Il “Pps”? Propaganda senza valore giuridico

Novello Giustiniano, il presidente Cappellacci, ha deciso che, d’ora in avanti, nella Regione sarda che egli, temporaneamente, governa, non valgono più i princìpi della Costituzione e, fra essi in particolare, le norme che regolano la ripartizione di poteri fra lo Stato e le Regioni a Statuto speciale.

Al loro posto, il Governatore ha deciso che, in materia di tutela dell’ambiente e delle procedure per l’approvazione degli strumenti per il governo del territorio, dovranno applicarsi altre regole, da lui stabilite con editto mediatico, secondo le quali la Sardegna, essendo più “speciale” di tutte le altre Regioni, può liberamente fare a meno delle intese con il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali e decidere senza presunte interferenze esterne (la cosiddetta copianificazione) cosa fare del territorio regionale e come disciplinarne l’utilizzo.

In realtà, come tutti hanno facilmente intuito, dopo aver tentato a lungo di trovare un’intesa con il Ministero dei Beni Ambientali per la modifica del Piano Paesaggistico Regionale che gli consentisse, ad un tempo, di saldare i tanti e onerosi debiti contratti nelle elezioni del 2009 nei confronti dei suoi autorevoli e non disinteressati sponsor e di acquisire un minimo di credibilità per la ormai imminente nuova campagna elettorale, la fantasia e la faccia tosta del presidente della Regione hanno inventato il “piano paesaggistico dei Sardi”, un “fai da te” che – a giudizio dello stesso presidente – dovrebbe porre rimedio “alle regole confuse e imprecise imposte negli anni passati”, che “hanno intrappolato la libertà del nostro popolo … e provocato enormi danni”.

Per porre riparo ai presunti “enormi danni” (subiti da chi è facile da immaginare) o, meglio, per saldare i molti impegni assunti e non ancora mantenuti, niente di meglio che cancellare unilateralmente le regole e le procedure stabilite dalle leggi dello Stato e, in particolare, quelle che ribadiscono il principio costituzionale della “leale cooperazione” e impongono l’obbligatorietà della copianificazione fra Ministero dei Beni ambientali e Regione per l’approvazione del piano paesaggistico regionale.

In una Giunta convocata a Sassari alle 8 di mattina di venerdì scorso, con assessori assonnati, con la faccia delle grandi occasioni ma allo stesso tempo poco consapevoli dell’importanza storica dell’evento al quale stavano per partecipare, ha solennemente annunciato alla Sardegna che, per sua decisione, il Piano Paesaggistico Regionale (PPR) era da quel momento ribattezzato “Piano Paesaggistico dei Sardi”, “che si riappropriano – ha proseguito aulicamente il Presidente–indipendentista – di quell’ambiente che é la forma più pura della nostra identità”.

Subito dopo, costretto a rispondere all’immediata e puntigliosa precisazione del Ministero che, in una brevissima nota della Direzione regionale dei Beni Ambientali, ha smentito qualsiasi coinvolgimento nell’iniziativa (come aveva fatto credere Cappellacci nelle sue dichiarazioni) ed ha ribadito la doverosità delle intese fra Stato e Regione, il Presidente – sbugiardato ha utilizzato la solita faccia tosta e, in una seconda conferenza stampa, ha nervosamente dichiarato che la Regione non deve chiedere permesso a nessuno “per approvare una delibera di Giunta”, soprattutto perché “in questa materia (non si capisce però quale) “abbiamo competenza primaria”.

Le vere ragioni di questa ennesima sceneggiata presidenziale, che si è conclusa nell’ennesima figuraccia, derivano dal fatto che il Presidente-legislatore, sempre più spaventato dall’avvicinarsi delle elezioni regionali e consapevole che la sua figura e le sue capacità di governo appaiono sempre più sbiadite e le sue roboanti promesse di benessere e felicità per tutti i Sardi sono sempre meno credibili, ha calato una carta a suo giudizio decisiva.

Il Codex Cappellaccianum approvato venerdì a Sassari pretende di assegnare alla Regione sarda un’inesistente potestà esclusiva in materia ambientale e paesaggistica, grazie alla quale solo in Sardegna l’approvazione degli strumenti di pianificazione non deve passare attraverso le procedure stabilite dal Codice dei Beni Ambientali e, in particolare, è sottratta al procedimento di copianificazione paesaggistica che – a norma del “Codice Urbani” – impone alla Regione di garantire “la partecipazione degli organi ministeriali al procedimento medesimo”.

A ulteriore chiarimento delle non casuali imprecisioni del presidente-costituzionalista, è bene dire che la Regione sarda non ha competenza primaria nella materia della tutela del paesaggio, ma ha solo la possibilità, facendo ricorso alle norme costituzionali che equiparano le sue competenze a quelle delle Regioni ad autonomia ordinaria (art. 10 della legge costituzionale 3 del 2001), di intervenire, con una potestà legislativa cosiddetta “concorrente”, in materia di “valorizzazione dei beni culturali e ambientali”.

Viceversa, è lo Stato ad essere titolare di una potestà legislativa esclusiva in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali (art. 117, secondo comma, lett. s del testo vigente dell’art.117 Cost.).
Quanto illusorie e false siano le pretese del presidente millantatore lo si può inoltre verificare facilmente scorrendo le costanti decisioni della Corte costituzionale, che ha sempre dichiarato illegittime le leggi regionali, anche delle Regioni a Statuto speciale, che tentavano di escludere la compartecipazione del Ministero dei Beni ambientali dalle scelte in materia di ambiente e paesaggio.

Da ultimo, la sentenza n. 211 del 2013, giudicando sulla legittimità di norme della Regione Abruzzo, ha ribadito che è costituzionalmente illegittimo escludere “qualsiasi forma di partecipazione di qualsivoglia organismo ministeriale al procedimento di conformazione ed adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni della pianificazione paesaggistica”. Questa scelta si pone infatti “in evidente contrasto” con la normativa statale e, in particolare, con l’art. 145, comma 5, del d.lgs. n. 42 del 2004, il quale – in linea con le competenze attribuite allo Stato dalle disposizioni costituzionali dell’art. 117, lett. s), “specificamente impone che la Regione adotti la propria disciplina assicurando la partecipazione degli organi ministeriali al procedimento medesimo”.-

In altre occasioni la Corte ha affrontato il problema delle competenze delle Regioni ad autonomia speciale arrivando a concludere che “in materia di tutela dell’ambiente e del paesaggio, la disciplina statale costituisce un limite minimo di tutela non derogabile dalle Regioni, ordinarie o a statuto speciale, e dalle Province autonome (sentenze n. 272 del 2009 e n. 378 del 2007)”, in quanto “lo Stato stabilisce “standard minimi di tutela”» intendendosi «tale espressione nel senso che lo Stato assicura una tutela «adeguata e non riducibile» dell’ambiente (sentenza n. 61 del 2009) valevole anche nei confronti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome” (sentenza n. 101 del 2010 relativa al Friuli Venezia Giulia).

A questo punto si accettano scommesse sul destino della delibera con cui, venerdì scorso, il presidente-prestigiatore ha fatto nascere il sedicente “Piano paesaggistico dei Sardi”. È facile immaginare che, per evitare l’inevitabile bocciatura (giuridica e politica) di uno strumento giuridicamente inconsistente, illusorio e solamente propagandistico, le “storiche” decisioni assunte dalla giunta rimarranno a livello di proposte e non verranno mai approvate definitivamente, nella speranza che il tempo cancelli ancora una volta l’ennesima dimostrazione di una (in)capacità di governo, che è sempre stata (e resta ancora) fatta di mance per gli amici, di sperpero di risorse pubbliche e di tante promesse mai mantenute.

Fulvio Dettori

 

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