Comandini (Pd): “Salviamo l’aeroporto militare di Decimomannu”

“Un’altra eccellenza storica rischia la dismissione: l’aeroporto militare di Decimomannu fonte di reddito per circa 1200 professionisti tra militari e civili e 800 lavoratori dell’indotto, garantisce stipendi per circa 46 milioni di euro, nonché investimenti con contratti centralizzati per un giro d’affari di circa 15 milioni di euro”. A ribadirlo è Piero Comandini, esponente Pd in Consiglio regionale e primo firmatario di un’interrogazione rivolta alla Giunta. “Dietro queste cifre, che possono sembrare banali numeri, ci sono il passato, il presente ed il futuro di intere famiglie che hanno incentrato la propria vita in questi territori contribuendo alla costruzione di un tessuto socio-culturale perfettamente integrato nel contesto geografico”.

“Non possiamo disattendere le aspettative di queste famiglie – prosegue Comandini – la dismissione della struttura militare vedrebbe le attività dirottate presso regioni più ospitali con una ricaduta economica senza pari e con gravi conseguenze occupazionali lasciando alla Sardegna solo la crisi che segna già pesantemente l’intero territorio”.

La struttura risale al 1954, insiste sui comuni di Decimomannu, Decimoputzu, San Sperate e Villasor, l’intero sistema economico si riversa su tutto il territorio composto anche da altri piccoli comuni, costruita come base marittima per l’Alleanza Atlantica sull’area del vecchio campo di volo militare utilizzato durante la 2^ guerra mondiale, le operazioni di bonifica e i lavori di allestimento sono stati completati con l’apporto di fondi della Nato e, nel corso degli anni l’intera attività ha preso forma divenendo un punto di riferimento non solo per l’Aeronautica Militare Italiana e Tedesca ma anche per altre forze aeree di nazioni non partecipanti al patto Atlantico. “Non si può, per mera ideologia, cancellare un pezzo di storia isolana e un presente economico importante per le comunità interessate, L’esponente del PD ribadisce, con fermezza e decisione, che con la giusta concertazione tra le parti interessate si potrebbe progettare un piano alternativo volto alla valorizzazione dell’intera struttura e l’ulteriore professionalizzazione del capitale umano, che preveda sì un piano di dimensionamento militare ma affiancato da un serio progetto di riconversione civile, scongiurando così la perdita di posti di lavoro in un territorio già colpito da una difficile crisi economica e sociale”.

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