Aspettando la Dinamo… Quando il basket sardo era il duello Lai-Milia

I giganti colored nel racconto degli ex playmaker Pippo Lai e Sergio Milia. Cagliaritano l’uno, sassarese l’altro. Loro giocavano in B.

Quando a pallacanestro giocavano loro, da rivali, trent’anni fa, l’uno nell’Esperia di Cagliari e l’altro nella Dinamo Sassari, c’era molto meno bisogno di bicipiti alla Lawal. Alla Dyson. Ma per Pippo Lai e Sergio Milia, al netto di “questa fisicità che è il tratto dominante della pallacanestro 2.0”, la finale scudetto del dream team di Meo Sacchetti si è convertita in un amarcord lungo tredici gare. Un misto di ricordi e adrenalina da agonismo, quasi un overtime del loro passato di cestisti simbolo.

Lai e Milia hanno più di una cosa in comune. Sono entrambi avvocati e figli di avvocati, rampolli di quella borghesia che dal nord al sud della Sardegna ha sudato solo sui parquet, privilegio “divino” del nascere bene.

Giocavano in serie B, i due. Gli Ottanta stavano cominciando. Cagliari era ancora la signora del basket per via del Brill, arrivato in A1 poco prima. Sassari, invece, inseguiva la gloria con la Dinamo che Milia senior, ovvero il presidente Dino, ha guidato per trent’anni, in una progressione da annali: dalla D alla A2. Poi il timone ceduto a Luciano Mele, penultimo patron prima dell’attuale Stefano Sardara.

Fatto sta che condividevano pure il ruolo di playmaker e quello di capitano, i due legali classe ’60. A loro l’onere della fascia sul braccio che forse, allora, veniva considerato più un onore. Ma erano giovanissimi, quindi sfrontati e in campo avevano molte meno ansie di quelle che oggi, per ragioni diverse, possono sentire da spettatori di una gara.

Milia, ovviamente, ci mette pure il cuore, nel tifo. E la scaramanzia. Tanto che mercoledì, quando la sua Dinamo ha portato a casa gara-7 contro la Grissin Bon di Reggio Emilia, ha indossato un giubbino azzurro, il colore sociale della sua squadra. “Un giubbino leggerissimo”, dice l’avvocato con molte legislature in Consiglio regionale. Poi chiosa: “La finale la guarderò da casa, da solo, sì, resto qua”.

Pippo Lai non lo nasconde, il suo distacco. “La partita di mercoledì è stata bellissima. Ma mi dispiace che Cagliari abbia perso il suo primato nel basket. Dopo il Brill di Tore Serra, solo la B”. Mai più in alto, nemmeno con l’Olimpia che “avrebbe dovuto raccogliere quel patrimonio di talenti, sogni e successi”.

L’ex assessore Sergio ai campanili non ci pensa. “Spero che la Dinamo aiuti la Sardegna a superare le sue storiche rivalità. Il palazzetto dell’altra sera era stracolmo anche di cagliaritani, galluresi, nuoresi e oristanesi, è un segno”.
Come in un corpo a corpo rivissuto, e stavolta a distanza, Lai la sua teoria non la molla. “Senza una squadra nella massima serie, ovvio che pure il vivaio cagliaritano del basket ne risenta negativamente. Manca la forza trainante per far tornare in alto la pallacanestro della nostra città. Dopo il Brill abbiamo avuto altre occasioni, ma non siamo riusciti a sfruttarle, perché il destino a volte è così”. Mai banale, se si pensa che negli anni d’oro del Brill, il sindaco di Cagliari era Lai senior. Angelo all’anagrafe, Lino per gli amici, “oggi novantacinquenne”, ricorda l’ex playmaker dell’Esperia.

I due ex rivali del basket, per un attimo, provano a immaginarsi in campo tra i mezzo ai giganti colored di oggi. “Noi sapevano correre e tenere la palla, ma la nostra forza era soprattutto la tecnica – continuano entrambi -. La Dinamo di oggi è imponenza fisica, e tutti schiacciano, ai nostri tempi non succedeva. Lo sport era già spettacolo, ma la spettacolarizzazione è arrivata dopo”.

Milia ci tiene a pareggiare il conto con l’omaggio dei cagliaritani alla sua Dinamo. “A parte pochi ignoranti, a noi sassaresi è dispiaciuto che i rossoblù siano retrocessi in B”. E a proposito di calcio, Lai continua a ragionare sulla Cagliari cestistica decaduta: “A Sassari si sono potuti concentrare sul basket non avendo una squadra di calcio forte. E poi va detto che l’avere uno sponsor come il Banco di Sardegna è un’ottima base di partenza”.

Lai e Milia, ormai, si vedono poco. Anche nelle aule dei tribunali. Sarà che il sassarese è un penalista, il cagliaritano un tributarista. Sarà che a volte è bene non incontrarsi per non provare troppa nostalgia.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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