Cappellacci in fuga da Berlusconi

Tutti insieme appassionatamente. Cappellacci, Nizzi, Cicu. Il terzetto dei nemici giurati dell’ex Pdl festeggia la riconciliazione sotto le insegne di Forza Italia durante il tour elettorale del presidente della Regione in Gallura. Ricordano certe famiglie in crisi che si ritrovano attorno a un tavolo a Natale o a Pasqua. In ballo c’è la vittoria alle Regionale e posti pesanti nell’organigramma del nuovo-vecchio partito.

L’esemplare più rappresentativo di questa palingenesi politica è il Governatore. Ugo Cappellacci è alla ricerca di una nuova identità autonomista, si mostra sempre pronto a difendere la nuova frontiera di una Sardegna in guerra contro il vecchio potere centrale. Ma sa bene quanto questa nuova immagine contrasti con quella originaria: il commercialista quasi sconosciuto che viene designato dal padre-padrone del partito quasi a sua immagine e somiglianza attraverso un’operazione sofisticata di marketing politico e vince le elezioni contro Renato Soru sotto l’emblema di Berlusconi-presidente.

Ora non può più essere così. Berlusconi non è più immagine spendibile per una campagna elettorale che chiama la Sardegna alla ribellione. Colui che ha governato tre volte negli ultimi 20 anni non può non avere responsabilità nel dramma che vive il popolo sardo. “Il simbolo di Berlusconi non vuol dire nulla – mette le mai avanti Cappellacci – giudichino i sardi se ho lavorato bene nei 5 anni di governo”. Poi una rivendicazione: “Ho fronteggiato gli atti contrari agli interessi dei sardi anche provenienti dal governo Berlusconi e non solo quelli di Monti e adesso di Letta”. Insomma, non ancora un parricidio, ma tanto basta forse per entrare nella ristretta corte dei “diversamente berlusconiani” di marca alfaniana.

 “Cose sarde”. Con questo sintetico eufemismo venne archiviata da un deputato napoletano la rissa verbale, che per poco sfiorò quella fisica, tra Salvatore Cicu e Settimo Nizzi nell’aula della Camera dei deputati nel novembre del 2011. Oggetto del contendere, un documento presentato dai deputati sardi che invitava il nuovo Governo Monti ad affrontare i problemi dell’Isola. Cicu non venne coinvolto dall’iniziativa partorita da Nizzi e si trascese. Le cronache riportarono un “pezzo di m…..” col quale Nizzi avrebbe apostrofato il furibondo Cicu. Ma Nizzi smentì l’aneddoto. Ora i due pare abbiano ricucito. Anche se non convincono troppo.

Osservando questa missione gallurese di Cappellacci – che annuncia la possibilità di trasferire qua l’assessorato regionale al Turismo – gli studiosi di prossemica – la scienza che studia gesti e atteggiamenti del corpo – avrebbero materiale in abbondanza: Nizzi parla e Cicu guarda in basso, non sorride alle battute del compagno di partito, è scuro in volto e non ha voglia di stringere mani o applaudire. E quando Cicu annuncia la sua fedeltà a Berlusconi, Nizzi accenna un applauso per poi tornare a parlare con Giuseppe Fasolino, sindaco di Golfo Aranci e probabile candidato al Consiglio regionale per Forza Italia.

Il problema pare essere però come al solito quello delle poltrone. Il riavvicinamento intrapreso da Nizzi passerebbe per un’eventuale candidatura di Cicu all’Europarlamento con contestuale ingresso di Nizzi alla Camera come primo dei non eletti. Nizzi, con l’azzeramento delle cariche del defunto Pdl, si trova in una posizione scomoda e cerca un ruolo per fronteggiare i tanti nemici che ha nel partito. A far crollare il castello di ipotesi probabilmente ci penserà lo stesso Berlusconi praticando l’estrema unzione al governo Letta.

Il feeling, mai nato in realtà, tra Cappellacci e Nizzi si interruppe bruscamente sulla strada della Carbosulcis. L’allora coordinatore regionale del Pdl non prese bene la nomina in solitaria di Cappellacci di Alessandro Lorefice, giovane rampollo politico con curriculum discutibile, come amministratore della società. Ovviamente Nizzi non guardava al “merito”, in senso di qualifiche professionali, quanto al “metodo” di nomina, per il semplice fatto di non essere stato coinvolto nella scelta. Lettera di Nizzi per perorare il passo indietro, risposta piccata di Cappellacci su Facebook con annesso invito a Nizzi ad abbandonare uno dei suoi tanti incarichi: tipo quello di coordinatore regionale del Pdl.

Nizzi, che notoriamente non è particolarmente avvezzo al confronto, diede a Cappellacci dell'”arrogante”, chiedendogli di concentrarsi di più sul governo della Sardegna visto che i sondaggi ne indicavano il consenso in caduta libera. Infine la stoccata più dura: “Non è previsto in alcun modo che il presidente della Regione possa designare oltre che i propri amici e colleghi di studio, anche il coordinatore regionale”. Allegate una serie di accuse in cui Nizzi apostrofava Cappellacci come infedele e poco coerente per la decisione di prendere le distanze dal partito in una serie di scelte amministrative. “Ti stai mettendo fuori dal Pdl” disse Nizzi. Il che paradossalmente anticipava quanto sta accadendo oggi: la scomparsa del Pdl a favore di Forza Italia.

La ruggine, però, ha origini più lontane: risale proprio alla scelta di Berlusconi di candidare Cappellacci alla guida della Regione: Nizzi, da tempo convinto di essere una sorta di pupillo del Cavaliere, non ha mai accettato la designazione del commercialista cagliaritano. Non è un caso che Nizzi sia l’unico a non aver avallato la candidatura di Cappellacci a governatore per le prossime elezioni regionali. “Decide Berlusconi” dice il presidente del Cipnes. Che intimamente spera in una bocciatura del nemico cagliaritano.

Giandomenico Mele

 

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